Negli anni '70 nella soffitta di una casa di
campagna su una collina in prossimità
di Livorno, fu trovata una cassa con dentro
antichi scritti.
Curiosando tra lettere, fatture, ricevute ecc.
vennero alla luce alcune lettere della scrittrice
Angelica Palli.
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FONTE: angelicapalli.blogspot.it
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Anghelikì Pallis (1798 - 1875), figlia
del console, nonché direttore della scuola
greca, di Livorno, nasce da genitori entrambi
ellenici. Studia col maestro de Coureil (di origine
francese ma morto a Livorno). Eredita dal padre
l'amore per la letteratura e per i classici e
comincia a versificare fin dall'adolescenza. Scrive
poesie, novelle, tragedie, romanzi. Il suo "Tieste",
del 1814, si merita le lodi del Monti. Nel 1919
diviene membro dell'Accademia Labronica, col nome
di Zelmira.
I suoi interessi, oltre che artistici, sono politici
e sociali. È un'attiva sostenitrice degli
ideali e delle lotte risorgimentali, si dedica
alla causa del popolo greco contro gli ottomani
(la stessa per la quale muore Byron).
L'unica donna a essere ammessa al gabinetto Vieusseux
- il circolo fondato a Firenze che, oltre a fungere
da emeroteca e biblioteca circolante, serve anche
a mettere in contatto fra loro gli intellettuali
della futura Italia unita - le viene proposta
una collaborazione ma rifiuta non sentendosi all'altezza
del compito.
Il sito angelicapalli.blogspot.com è una
preziosa fonte d'informazione per conoscere la
vita privata della scrittrice livornese. Vi si
narra che, nel 1970, nella soffitta di una casa
di campagna della valle Benedetta, è stata
ritrovata una cassa contenente lettere di Angelica
al padre.
Siamo nel 1930, Angelica ha trentuno anni, un
viso di una bellezza classica e pulita. Conosce
il diciannovenne Giovan Paolo Bartolomei, nobile
di origine corsa e patriota, e se ne innamora.
Lui è cattolico, lei ortodossa, lui un
ragazzo, lei una donna fatta. La famiglia di lui
osteggia il rapporto. I due fuggono, aiutati dal
fratello di Angelica, Michele, con l'intenzione
di chiedere la dispensa papale per sposarsi. Ripiegano
poi su Corfù, dove si uniscono in matrimonio
con rito ortodosso. L'anno successivo Angelica
scrive accorate lettere al padre, implorando il
suo perdono, spiegandogli che ha ricevuto tanto
ma ha anche sofferto. Sono, appunto, le lettere
ritrovate nella cassa.
Dal matrimonio nasce un figlio, Lucianino, e i
tre fanno finalmente ritorno a Livorno. Palazzo
Palli - Bartolomei, sugli scali del Pesce in Venezia,
diventa il principale salotto mazziniano, tra
il 20 e il 40, frequentato da Lamartine, Champollion,
Niccolini, Guerrazzi,
Bini
e Manzoni.
Quest'ultimo immortala Angelica in un'ode scritta
per lei, dove la definisce "Prole eletta
dal Ciel, Saffo novella".
In questo periodo l'attività politica della
Palli s'intensifica, ella collabora a riviste
e giornali, scrive poesie e novelle di argomento
civile e nel 47 si occupa dell'organizzazione
dei volontari toscani. Il marito e il figlio adolescente
partono insieme con un gruppo di patrioti livornesi
per combattere a Milano durante i moti del 48
e Angelica li raggiunge per poi tornare a Livorno
nel 49.
Durante i mesi autunnali, per alcuni anni soggiorna
a Fauglia, in corso della Repubblica 47 (dove
una lapide la ricorda). Qui scrive il famoso "Discorsi
di una donna alle giovan maritate del suo paese",
in cui rivaluta in senso femminista il ruolo della
donna nella società. Scrive anche "Cenni
sopra Livorno e i suoi contorni", dove mostra
di apprezzare lo spirito battagliero delle donne
labroniche, descrivendole come buone, generose
ma irrispettose e irriverenti. A questo testo
fa riferimento anche Pietro Vigo nelle sue ricerche
storiche.
Nel 53 rimane vedova e si trasferisce a Torino
ma muore poi a Livorno nel 1875. Le sue spoglie
riposano nel cimitero greco in via Mastacchi.
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