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Il
più celebre poeta della moderna Inghilterra
dimorò a Montenero per sei settimane |
"Nel
1822 per lo spazio di sei settimane dimorò
a Montenero Lord Giorgio Byron, il più
celebre fra i poeti della moderna Inghilterra.
Egli abitò la villa Dupouy ora De Paoli,
e secondo quello che si dice, la camera in cantonata
tra il fronte principale e il lato occidentale
della villa medesima. In fondo a questa camera
è una piccola alcova dove trovavasi il
letto occupato dal Byron. (
) Insieme al
Byron era venuto a Montenero il conte Ruggero
Gamba con suo figlio Pietro e la figlia Teresa
maritata al conte Guiccioli, con seguito di
domestici delle parti di Romagna, sui quali
tutti, perché appartenenti alla società
segreta dei Carbonari, teneva una gran vigilanza
la polizia toscana, per la quale era ospite
poco gradito anche Lord Byron di cui si conoscevano
non solo le idee ardentemente liberali, ma altresì
la vita disordinata e scorretta e l'indole intollerante
di ogni freno e di ogni sottomissione"
Pietro Vigo.
George
Gordon Byron (1788 - 1824) da Pisa, dove risiedeva
sui Lungarni, venne a Montenero nel 1822. Lo
storico Pietro Vigo, nella sua guida di Montenero,
ne dà ampio resoconto.
Al prezzo di cento francesconi il mese, Byron
prese in affitto villa Dupouy, dal banchiere
Francesco Dupouy, con stalle, rimesse, giardini,
cisterne e pozzi d'acqua pulita.
A Montenero Byron scrisse parte del suo "Child
Harold" e l'iscrizione per la tomba della
figlia allegra.
Un gruppo di americani ancorati al porto di
Livorno lo invitò a bordo e gli tributò
onori da grande celebrità.
Pietro Vigo riporta una contesa scoppiata il
28 giugno, verso le 17, fra le persone al servizio
di Byron e quelle al servizio della contessa
Guiccioli. Furono coinvolti anche i Gamba, s'impugnarono
coltelli e pistole, Pietro Gamba rimase contuso.
Questa rissa diede occasione alla polizia toscana
di sfrattare gli invisi conti Gamba, col pretesto
di clamori e intemperanze che disturbavano il
quieto villaggio di Montenero. A tal proposito,
Byron scrisse al governatore la seguente lettera,
che Vigo dichiara di aver trovato solo nella
traduzione italiana.
"I
miei amici conte Gamba e famiglia hanno ricevuto
l'ordine di lasciar la Toscana in termine di
quattro giorni, come pure il mio corriere, svizzero
di nascita. Non farò alcuna osservazione
sopra quest'ordine, almeno per ora. Io lascerò
in lor compagnia questo territorio, non essendo
luogo di dimora adatto per me quel paese che
ricusa un rifugio agli sventurati ed un asilo
ai miei amici. Ma siccome io ho qui un capitale
considerabile in mobilia ed altri articoli che
richiedono qualche tempo per disporre l'allontanamento,
sono a pregarla di una dilazione di qualche
giorno in favore dei miei amici, come pure del
mio corriere, il quale mi accompagnerà
se ciò vien permesso, ed io suppongo
che un giorno o due di più sarà
cosa di piccolissima conseguenza.
Siccome io accompagnerò i miei amici
qualunque volta essi partano, chiedo il permesso
di pregarla d'onorarmi d'una sua risposta."
Ma il poeta inglese non ottenne ciò che
chiedeva. Come non la ebbe vinta nella disputa
dell'acqua.
Byron era molto difficile in fatto d'acqua,
la digeriva solo se purissima e cristallina,
ma la siccità portò all'esaurimento
dei pozzi. Byron, allora, si rifiutò
di pagare la pigione e fece causa a Dupouy,
nel tribunale di Livorno. Perse e dovette pagare
le rate arretrate, gli interessi e le spese
giudiziarie.
Mentre ancora era a Montenero, ricevette una
lettera in versi da Goethe, che si fece tradurre
da Enrico Mayer, giovane scrittore di padre
tedesco. Rispose che sarebbe partito presto
alla volta della Grecia, dove si combatteva
per l'indipendenza. Partì, infatti, dal
porto di Livorno sull'Ercole e raggiunse Missolungi,
dove morì nel 24, ma non in battaglia,
bensì di meningite.
Nel 1900 gli fu intitolata una via di Montenero.
Riferimenti
Pietro
Vigo, "Montenero", 1902 dal sito www.infolio.it
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