Avere in casa un libro di Francesco Domenico Guerrazzi
(1804- 1873) voleva dire essere arrestati. Eppure,
i suoi romanzi, animati da tensione patriottica risorgimentale
e da spirito pessimistico, conobbero un enorme successo
di popolo.
Il Guerrazzi venne alla luce nel 1804, nella vecchia
Livorno, mentre in città dilagava l'epidemia
di febbre gialla, la sua nascita non fu ben accolta
dai genitori e questo lo immalinconì per tutta
la vita, contribuendo a forgiare il suo carattere
triste, solitario, vendicativo, attaccabrighe. Studiò
presso i Barnabiti
ma non amò la scuola, considerandola tetra,
litigò col padre e fuggì da casa. Fu
coinvolto in risse con gli ebrei ed espulso dall'università
Per tutta la sua esistenza, fece avanti e indietro
dal carcere, sempre per motivi politici, subì
processi, condanne e il confino. Fervente mazziniano
affiliato alla Giovane Italia e ardente repubblicano,
ebbe gran parte nei moti del 48, diventando persino
dittatore per quindici giorni, durante la rivoluzione
toscana. Fu incarcerato nel Forte della Stella insieme
a Carlo
Bini, con cui aveva fondato l'Indicatore Livornese,
poi soppresso dal regime. Teorico della rivoluzione,
ma anche piuttosto realista in politica, vide sempre
disattese le sue aspirazioni, sviluppando una crescente
amarezza e disillusione. Solo l'educazione dei nipoti
lo distolse, in parte, dal suo impegno.
Oltre che alla politica attiva, si dedicò anche
alla scrittura, intesa sempre come veicolo d'idee
risorgimentali e civili. Conobbe Byron
e la sua poetica, soprattutto quella degli inizi,
ne fu influenzata.
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I suoi testi più famosi sono "L'Assedio
di Firenze", "La Beatrice Cenci"
e "La Battaglia di Benevento", si può
dire che con lui nacque il romanzo storico risorgimentale.
"Nella sua fantasia esuberante e violenta",
spiega il Cappuccio, "nel suo gusto del truce,
del macabro, dell'orrendo, nei modi stessi dell'espressione
convulsa ed enfatica, si rispecchiano, più
forse che in nessuno degli altri scrittori italiani
dell'Ottocento, certi aspetti estremi del romanticismo
europeo, da Byron
a Victor Hugo".
Ciò non toglie che i suoi romanzi andavano
a ruba nonostante il prezzo elevatissimo. Passavano
di mano in mano, e piacevano per gli ideali ma
anche per il sensazionalismo, a onta di quella
che il Sapegno definisce "turgida oratoria
tribunizia". Anche Carducci fu un ammiratore
del Guerrazzi, che difese la tradizione linguistica
italiana, fu di orientamento classicista e non
disdegnò nemmeno tratti umoristici. Il
successo si attenuò nella seconda metà
dell'ottocento, con l'affermarsi del positivismo.
Guerrazzi visse gli ultimi anni alla "Cinquantina",
una fattoria presso Cecina, dove si prese cura
dei nipoti fino alla sua morte, avvenuta nel 1873.
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