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Patrizia
Poli presenta
L'omicidio
Serpenti
o l'enigma del Bosco Sacro
di Giuseppe Benassi -
Bastogi,
2010 - Euro 15,00 |
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Come
sempre in Benassi, il giallo è un pretesto
per parlare di cultura esoterica, di percorsi
alchemici, ai quale egli si accosta non da adepto
ma da studioso, affascinato seppur disincantato.
In questo romanzo - secondo di una serie che
ha per protagonista l'irriverente avvocato Borrani
- più che negli altri due, i personaggi
restano sullo sfondo, sono incolori come la
vicenda attorno a cui ruota la trama, cioè
l'omicidio del bel Rosario Serpenti, orafo ex
salumiere, che, già dal suo nome, è
più di ciò che appare. E tutto
davvero si gioca sul contrasto fra ciò
che sta dietro alle cose e l'apparenza, fra
l'onirico e il reale.
"Pensò nel sogno la sua vita come
un'infinita e sempre mutevole galleria di visi
o di musi, di volti e di ghigni che si affacciano,
salutano, dicono qualcosa o non dicono niente,
e poi svaniscono nel nulla." (177)
Non ci interessa poi tanto - e non interessa
neanche all'autore - scoprire perché
Serpenti sia stato ammazzato e, in questo secondo
romanzo, non ha gran posto nemmeno l'interiorità
del protagonista alter ego dell'autore.
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Tutto
lo spazio è occupato dalla speculazione
artistico - filosofica che porterà allo
scioglimento (nemmeno poi tanto) dell'enigma del
Bosco Sacro. Senza svelare troppo, diciamo che,
se un filo conduttore c'è nella storia,
è quello che parte dal paganesimo rinascimentale
e porta fino al surrealismo di de Chirico.
"La psicoanalisi e il surrealismo",
ci spiega Borrani/Benassi, "hanno riaperto
la mente dell'uomo, l'hanno ripopolata delle divinità
pagane, dopo che, alla fine del cinquecento, Riforma
e Controriforma si son date la mano per spegnere
la capacità immaginativa di cui il rinascimento,
attingendo alla classicità, è stato
l'esempio più alto." (pag 120)
Di questa capacità immaginativa è
esempio concreto il fantastico giardino di Bomarzo,
o Sacro Bosco, con le sue forme bizzarre, improbabili,
con i suoi mostri, i tempietti e le case inclinate,
simboli forse alchemici, congiunzioni di opposti.
In questo bosco Rosario Serpenti ha un'esperienza
da iniziato, tramite l'olandese Dietrich, suo
"maestro", sorta di Dorian Gray che
lo corrompe e, insieme, gli apre la mente. Rosario
Serpenti viene ucciso quasi per espiare la colpa
di essersi evoluto, trasformato da salumiere in
anima libera, in gnostico che non conosce più
i confini fra maschile e femminile, fra dentro
e fuori, ma diventa una figura androgina, emancipata
da convenzioni e moralismi. Oltre all'esperienza
mistica-sessuale nel sacro bosco, fondamentale
per lo sviluppo di Rosario (che nel cognome già
prefigura una specie di uroboro) è la visione
dei quadri di De Chirico.
"De Chirico, all'inizio del '900, legge le
pagine di Nietzsche su Dioniso, e, illuminato
da quelle letture, capendo all'improvviso che
la rimozione del paganesimo fu uno dei più
tragici errori della storia delle idee."
(pag120)
Sono di De Chirico, infatti, le tele che vengono
ritrovate in possesso di Serpenti dopo la sua
morte. De Chirico apre la mente, sposta i confini
di là dal bene e del male e per questo
Serpenti dovrà pagare, e, attraverso lui,
l'autore punire se stesso ed esplicitare il proprio
senso di colpa latente.
Lo stile del romanzo è quello, escatologico/scatologico,
tipico di Benassi, che alterna citazioni colte
con volgarità da bar sportivo. Traspare
come sempre la poca simpatia che l'autore ha per
i suoi simili, che sono solo comparse in sogni
surreali, che hanno ghigni e non volti, fisicità
da sfruttare sessualmente più che anime
da abbracciare. Le parti più belle sono
quelle, quasi inconsapevoli, dove Benassi dimentica
per un momento di voler essere antipatico a tutti
i costi e si lascia andare a descrizioni liriche
e sentite del paesaggio toscano, con la sua luce,
il suo mare, le punte dei cipressi illuminate
dal tramonto. |
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