Dipinto di Modigliani
Modì... autoritratto
"Omicidio
a Calafuria"
di Giuseppe Benassi |
È
ciò che fa l'avvocato Leopoldo Borrani,
che opera nella città dove Modì
nacque, Livorno, odiandola e amandola allo stesso
tempo. Borrani si sposta fra un ufficio in Via
Borra e un caffè in piazza Cavour. Peccato
solo per quei protagonisti i quali, più
che livornese, parlano fiorentino. Giuseppe Benassi,
l'autore del romanzo, è infatti livornese
solo di adozione e la mimesi linguistica non gli
riesce del tutto.
Borrani ha nel sangue la sua città ma ne
sente "il lezzo", ne percepisce il degrado,
fatto di personaggi che sembrano a loro volta
usciti da un quadro di Sickert, per rimanere nell'ambito
pittorico. Personaggi per i quali la vita è
già finita, le illusioni sono morte, la
disperazione è in agguato. Così
è Corinna Repetti, antiquaria, che ricorda
la portinaia de "l'Eleganza del riccio",
sciatta, pisciosa, ma con una sua dignità
nascosta a illuminarla dall'interno, a procurarle,
al contrario del personaggio della Barbery, un
meritato lieto fine. Così è Eustachio
Bernardi, commendatore sudato, sgraziato spasimante
di Corinna, così è lo squallido
Mafhuz, giovane marocchino marito di Corinna.
Attorno alla figura di Corinna, già a partire
dal suo nome che riporta a quello della cugina
di Modigliani, ruota un mondo "altro",
fatto di coincidenze, di rimandi, di intrecci
misteriosi, di richiami.
"Stava muovendosi in un mondo misterioso,
dove tutto quel che accadeva era inesplicabile,
inatteso, e dove tutto poteva succedere. Attorno
a lui, tutto era visibile eppure inafferrabile."
(pag. 45)
Gli occhi senza pupille sono anche gli occhi di
vetro delle bambole di Corinna - che tanto richiamano
le bambole elettriche di Marinetti - gli stessi
occhi che le indicheranno la via, permettendole
di trarsi d'impiccio; ma anche gli occhi spenti
della cieca indiana, e ancora gli occhi cantati
da Lautrèamont, il poeta che Modigliani
amava e che esercitò un'influenza fondamentale
sul surrealismo. Questo rimandare ad altro, a
un universo parallelo, coincide per Borrani col
guardarsi dentro, scendere agli inferi, scoprire
i propri lati misteriosi, il rapporto con la morte,
con l'aldilà, ma anche con la donna che
frequenta, Marianna Messori, amata e non amata,
tollerata e non tollerata, la quale, a sua volta,
rivelerà angoli inesplorati, introducendolo
nel mondo misterioso e splendente dell'arte di
Modigliani capace di scintillare solo "attraverso
la tenebra".
Una buona metà del romanzo si svolge a
Parigi, dove Modigliani visse un'esistenza maledetta,
finendo seppellito al Père Lachaise a soli
trentacinque anni. Modigliani "dipingeva
in trance, spesso sotto l'effetto di alcool o
di droghe. La tela bianca era come il muro su
cui Lautrèamont vide proiettato un profilo"
(pag. 67). Farsi ritrarre da lui era come farsi
spogliare l'anima.
"All'inizio del novecento, Parigi era un
covo di maghi, di occultisti, di gente che passava
il tempo a far sedute spiritiche" (pag
67) E, per associazione d'idee, ci vengono in
mente i cupi scenari de "Il cimitero di Praga"
di Eco.
A Parigi, nei primi vent'anni del novecento, nascono
tutte le avanguardie, là dove operano gli
alchimisti, i cabalisti, ma anche i cubisti, i
futuristi. La pittura di Modì mescola gli
elementi dell'alchimia: la terra, la pietra, l'acqua,
il fuoco, il colore. Una delle sue amanti è
allieva di Madame Blavatski, i suoi quadri sono
pieni di simboli - come le tele di Leonardo secondo
Dan Brown. Le sue annotazioni richiamano l'androgino,
l'unione del maschile e del femminile, le sigizie
gnostiche, Ermete Trismegisto, il numero della
Bestia e dell'Apocalisse, la sezione aurea. In
particolare, quest'ultima è "la
cosa più simile a Dio, unico e incommensurabile".
La sezione aurea contiene il segreto dell'armonia,
si ritrova nella natura e in tutte le opere dei
più grandi artisti, dalla piramide di Giza
alle sculture di Fidia, dal Partenone a Piero
della Francesca.
Modigliani, ebreo livornese, imbevuto di esoterismo
e di cabala, sta cercando, suggerisce Benassi,
d'interpretare Dio attraverso la propria opera.
La trama ci avvince quasi nostro malgrado, s'intreccia
e si dipana fino alla conclusione non ovvia che
"la fortuna arride a chi non la cerca",
il tutto in uno stile che alterna un modo di narrare
tradizionale ad altri più stringati, moderni,
fatti di dialoghi veloci, di battute, di descrizioni
che sembrano appunti di taccuino. |