Livorno Magazine


"La Primavera” non è “la Primavera”

Nella famosissima Galleria degli Uffizi di Firenze c'è un dipinto che tutti i livornesi, i toscani, gli italiani, gli europei… e oltre ben conoscono: è “La Primavera”, del pittore Alessandro Filipepi, detto Botticelli, che visse e operò a Firenze durante il Rinascimento. Il committente dell'opera fu probabilmente Lorenzo de' Medici, detto “il Magnifico” per il suo incredibile mecenatismo: una tradizione della sua potente famiglia fiorentina, che egli ampliò notevolmente. A Livorno, Città Medicea per antonomasia, una bella statua del Magnifico si trova nel cortile del Palazzo de Larderel, che oggi è usato come Tribunale.
Committente, a quell'epoca e in quell'ambiente, voleva dire che si commissionava ad un artista la rappresentazione di un determinato soggetto, in genere di argomento religioso, storico, o celebrativo di qualche impresa della famiglia del committente stesso, e spesso si discuteva il lavoro in corso. In questo caso il soggetto fu ben diverso...
La data di esecuzione del dipinto è controversa: alcuni pensano al 1482: questa è la data riportata anche agli Uffizi e a questa ci atterremo. Non è questione di poco conto perché gli otto anni che intercorrono tra le due date furono densi di drammatici avvenimenti per la famiglia de' Medici, che certo ne fu molto influenzata nella sua visione della vita. Ciò determinò probabilmente l'atmosfera di composta malinconia che è sempre stata notata nel dipinto di Botticelli, legatissimo ai Medici. Ma il titolo vero non ci è noto.


Il Vasari e Livorno
Il dipinto fu chiamato “La Primavera” base della descrizione che ne fece lo scrittore e pittore Giorgio Vasari nella sua nota opera sulla vita e le opere dei pittori del suo tempo e del secolo precedente, scritta però circa cento anni dopo.
Egli scrisse di Venere, che le Grazie la rifioriscono, dinotando la Primavera. Vasari è ben conosciuto a Livorno anche perché un suo quadro, sull'incoronazione della Vergine, si trova nella bella Chiesa dei Domenicani, in quartiere Venezia (Quintomoro Magazine, n.1, marzo 2007). Tuttavia noi riteniamo che non sia riuscito a cogliere appieno il significato del grande dipinto (circa 3m x 2m) che trasuda bellezza, mistero, malinconia… e anche un senso di disagio, come se volesse dirci qualcosa che noi non riusciamo a capire. Nonostante i tentativi di moltissimi studiosi, il significato è infatti restato ignoto per oltre 500 anni.

Perché la scoperta del significato avviene a Livorno
Sulla base degli studi portati avanti col Progetto Homo/Habitat (H/H 2005-2009) da ScientiArs Multimedia (Studio di produzione e divulgazione della Scienza), CIBM (Centro Interuniversitario di Biologia Marina e Ambientale: un Consorzio di sei Università: Pisa, Firenze, Siena, Modena, Bologna, Torino e ICRAM) e con l'importantissimo apporto del Comune di Livorno, noi pensiamo di essere in buona parte riusciti a svelare il complesso significato del dipinto di Botticelli, anche se molte lacune restano da colmare. Il punto di vista che ci ha permesso di arrivare a questa anche per noi inaspettata scoperta è infatti molto diverso da quello utilizzato nei secoli precedenti: è il punto di vista non letterario, ma scientifico. Come è noto, dopo i grandissimi risultati conseguiti nel mondo antico, la Scienza era stata per secoli dimenticata, perché considerata inadatta o addirittura pericolosa per comprendere il senso della vita. Fu poi man mano riscoperta e ampliata, fino a conseguire molte splendide scoperte e realizzazioni, però con un frazionamento delle discipline, che sono divenute altamente specialistiche. Non ha mai più assunto la spettacolare unitarietà che aveva all'origine. Neppure oggi ce l'ha. Anzi, spesso sono state diffuse e ancora si diffondono come postulati scientifici pseudo verità come la frase: è nel mio DNA! per giustificare un comportamento che si ritiene ineluttabile. Si tratta di una forma mascherata di razzismo, che sembra escludere il libero arbitrio dal comportamento umano, che era invece tenacemente sostenuto nell'antichità. Col Progetto Homo/Habitat noi cerchiamo proprio di enucleare gli studi e gli avvenimenti poco noti o mal interpretati che hanno maggiormente influito, spesso nascostamente, sulla Storia della Scienza e che, anche oggi, sono fonte di molti pregiudizi. Per fare questo usiamo una diversa chiave interpretativa, che tiene conto dei risultati di analisi e valutazioni prima impossibili… e anche della mente libera!

De rerum natura... la natura delle cose
Vogliamo infatti portare alla luce l'enorme valore educativo della vera Scienza, che fa della riflessione razionale, del dubbio metodologico, del rispetto per il pensiero degli altri, il perno del suo agire. Abbiamo quindi analizzato l'opera De rerum natura (La natura delle cose) che il poeta-naturalista latino Tito Lucrezio Caro scrisse nel I secolo a.C., per divulgare in terra latina le ardue scoperte dei Greci. In particolare Lucrezio si ispirava a Epicuro, che con l'intelletto e col coraggio percorse l'intero universo, in lungo e in largo, e trionfatore riporta a noi, di ritorno, che cosa possa aver vita, che cosa invece non possa, e per qual legge abbia un limite, ed abbia un termine fisso al suo potere ogni cosa. Per Epicuro ogni cosa è fatta di atomi, in perenne movimento nello spazio vuoto: essi si aggregano e si disaggregano, in quello che noi chiameremmo oggi il ciclo della natura, secondo leggi che la nostra mente può comprendere. Non vi è niente di eterno, se non gli atomi stessi. Non esiste l'anima immortale. Questa comprensione ci porta ad apprezzare la bellezza dell'universo e le piccole cose di cui possiamo godere nel breve periodo della nostra vita: i piaceri spirituali e anche materiali, tali però che non possano turbarci, l'amicizia, la pace sociale che deriva dalla tranquillità individuale così conseguita. Il brano precedente continua: Messa così. Sotto i nostri piedi, la religione (superstizione) è calpestata a sua volta, e la vittoria ci adegua al cielo.
Lucrezio scriveva per un mondo pre-cristiano, dove il termine latino superstitio era sinonimo sia di religione che di superstizione: questo è ciò che molte volte, con effetti drammatici, accade ancor oggi. Ma questa frase, ed altre simili, hanno decretato la messa al bando dell'opera per secoli e secoli, tranne che per pochi brani, considerati solo opera di poesia. Bisogna ricordare che, nella Divina Commedia di Dante Alighieri, la cui opera è alla base della cultura italiana, Epicuro, con tutti i suoi seguaci, è collocato all'Inferno: pericoloso era anche solo studiarlo.

La scoperta di Poggio Bracciolini

Eppure, proprio dal letterato Poggio Bracciolini, fiorentino come Dante, fu riscoperta nel 1418 o 1419 l'opera De rerum natura. Noi possiamo pensare, da molti fatti e indizi, che essa era ben conosciuta nella cerchia della famiglia de' Medici. Molti anni dopo anche Leonardo da Vinci, che ne faceva parte ed era, per sua stessa ammissione, Homo senza lettere, parlava di atomi. Ma l'interpretazione che le cose in natura sono fatte di atomi è stato accettata solo alla fine del 1700! Per il concetto che la Scienza ha un enorme valore educativo, occorrerà aspettare ancora… Noi abbiamo esposto i risultati di questi nostri studi in Lucrezio a Livorno. Dagli atomi alla pace, pubblicato all'inizio del 2006: si tratta di un breve testo, molto illustrato, che può essere usato anche nelle Scuole, e può essere fornito facendone richiesta a ScientiArs (scientiars@yahoo.com).
La traduzione in inglese è stata offerta dalla British School di Livorno, mentre la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno ha fornito il contributo necessario alle pubblicazioni, edite da Debatte. Già da anni, per diffondere la Scienza greca elaborata da Epicuro, secondo l'intento che aveva De rerum natura, abbiamo utilizzato una terza lingua: quella dello spettacolo. In particolare, per far comprendere la possibilità di utilizzare l'opera di Lucrezio in modo interdisciplinare e nei diversi gradi dell'istruzione, è stato commissionato ad Europe Ballet Ars (E.B.A.Milano) uno spettacolo più volte rappresentato da professionisti e anche dagli allievi della scuola Elementare, Media e Superiore dell'Istituto S. Cuore di Livorno, presso il Teatro I Quattro mori.
Dallo stesso personaggio scaturiva un piccolo essere azzurro e delicato, da proteggere da molti pericoli: l'Unione Europea! La mostra è itinerante: in collaborazione con le circa 30 sezioni dell'ANISN (Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali) verrà esposta in diverse città italiane. In Francia verrà esposta in collaborazione col Gruppo italo-francese della sez. ANISN di Livorno, che provvederà alla traduzione. L'intento è quello di facilitare, con tutti i modi e i mezzi oggi possibili, la diffusione degli studi livornesi non solo in Italia, ma anche in Europa.

Dalla Primavera alla scienza moderna

Noi riteniamo che proprio dal ritrovamento di De rerum natura sia scaturita, a poco a poco, la Scienza Moderna, sostenuta, in modo più o meno aperto, da quanti conoscevano il significato di “La Primavera”. Essi, per secoli, hanno contribuito a portare avanti il grande progetto culturale dei Medici (erano de’ Medici persino due Papi e due Regine di Francia!), salvato dalla dispersione dall'ultima discendente Anna Maria Luisa, su cui recentemente è stata esposta una bellissima mostra a Firenze. A buona ragione il dipinto potrebbe dunque rappresentare non solo il manifesto della cultura unitaria del Rinascimento, ma di quella che potrebbe essere l'unitarietà della cultura europea! Livorno potrebbe dunque contribuire, anche col Progetto Homo/Habitat, al rinnovamento culturale da tutti auspicato per il nuovo millennio. E Livorno, sotto molti aspetti, potrebbe rappresentare un sogno dei Medici, non ancora pienamente realizzato.
E se fosse possibile un Nuovo Rinascimento?

 
 
IL QUINTO MORO
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