Due livornesi
ed un pisano
Ernesto
Evaristo
e il "Gosto"
disegni by Socia®
Storie
brevi
di
Francesco Difonzo
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Dal
salumiere
-
Modernità
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Il vernacolo livornese è fondamentalmente
una variante del toscano nord-occidentale (parlato anche
nelle province di Pisa e Lucca), ma se ne discosta per certi
tratti tipici della pronuncia, i più appariscenti
dei quali sono alcune vocali molto aperte e la /k/ singola
intervocalica che viene completamente elisa (e non soltanto
aspirata, come accade nella maggior parte delle parlate
toscane), mentre quella doppia rimane tale.
Per esempio la frase "la mia casa" diviene la mi' 'asa,
mentre invece la frase "vado a casa" rimane tale perché
nella pronuncia italiana la "c" è raddoppiata (vado
a ccasa); anche in una frase come "Il cane abbaia" la "c"
rimane integra perché non è intervocalica.
Del tutto peculiare è anche la frequente interiezione
"dé", da non confondere col "deh" esortativo italiano,
ormai desueto.
Al contrario, il "dé" livornese è praticamente
onnipresente, e può assumere un vasto spettro di
significati, spesso decodificabili solo mediante l'intonazione.
Assieme al "dé" spesso troviamo il termine "boia",
che viene usato come esclamazione ("Boia
dé").
Inoltre, il lessico contiene tracce (vocaboli e locuzioni)
di alcune delle numerose lingue parlate dalle comunità
ospitate da Livorno attraverso i secoli: ad esempio talvolta
i piedi vengono detti "le fétte" parafrasando alla
buona il vocabolo inglese "feet", tale iterpretazione deriva
dal periodo della seconda guerra mondiale, in quanto i soldati
americani presenti a Livorno utilizzavano l'inglese per
parlare con i livornesi, conoscendo solo poche parole di
italiano. Ad esempio, per dire "Hai i piedi grandi" si può
sentir dire "Ciai dù fètte paiono zattere".
E a tal proposito, la grafia livornese corretta "ci hai"
e "ci hanno" sarà sempre "ciai" (pron. ciài)
e "cianno" (pron. ciànno), mai l'orribile "c'hai",
che equivale foneticamente a "kai"... Va anche notata la
presenza, in seno alla numerosa presenza ebraica, del bagitto,
ormai però relegato ai pochi che ne conservano ricordo.
Altra particolarità, stavolta retorica, è
l'uso di una forma di ironia che consiste nell'uso di locuzioni
iperboliche con una determinata intonazione, per significare
l'esatto opposto: ad esempio, "e sei parigino!", per intendere
che l'interlocutore è tutt'altro che proveniente
da Parigi (città dell'eleganza e del buon gusto per
antonomasia).
Grande rappresentanza del vernacolo livornese viene data
anche dal Vernacoliere, mensile di satira politica/sociale
diretto da Mario Cardinali, che include varie rubriche di
attualità, vignette, fumetti, posta dei lettori tutte
(o quasi) rigorosamente in vernacolo livornese. Il mensile
non solo è apprezzato e diffuso a livello locale,
ma è seguito da appassionati del genere in tutta
Italia.
Proverbi
Come tanti luoghi del nostro paese anche Livorno è
piena di modi
di dire che, nel loro complesso, raccontano la storia
di un popolo e le verità della vita di tutti i giorni.
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