"BOIA
DE', SACRO E PROFANO"
Manzoni
ci spiega il significato della parola più usata
dai livornesi
di Maurizio Silvestri
Ogni
occasione è buona. In famiglia, con gli amici,
allo stadio ma anche in alta società, quella
livornese (anche se non è facile trovarla...)
e tra gentlemen veri dove il termine è accolto
scherzosamente e con curiosità. Dé, con
la e “chiusa” e non aperta come erroneamente
qualche nordico ripete per scimmiottare il livornese
verace. Dé, quello che viene dal profondo e che
ama accompagnarsi all'altra famosa esclamazione, ovvero
“boia”.
“Boia dé” è dunque il massimo,
la quintessenza della livornesità. Ma cosa vuol
dire? Nessuno lo sa. Ce lo siamo chiesti anche noi di
Livorno Magazine e per trovare una risposta e svelare,
finalmente, l'arcano, siamo andati indietro nel tempo.
Grazie all'Accademia della Crusca ed al Manzoni, ce
l'abbiamo fatta. Ma non è stato facile. Perchè
prima abbiamo dovuto sfogliare libri e reminiscenze
di glottologia. Abbiamo scoperto che Livorno ha ben
poco di toscano, neanche la tipica “gorgia”
della quale i fiorentini vanno fieri: quella lettera
“C” tanto “strascicata” per
la quale “casa” diventa “'asa”
con la “A” molto aspirata. Abbiamo spulciato
tra gli altri termini strani e ci siamo imbattuti in
paroloni tipo “gadollo” scoprendo che viene
dal “bagitto”, una parlata rudimentale come
il vagito di un neonato, ma in grado di far capire i
membri della neonata comunità israelitica di
Livorno con tutti gli altri cittadini che venivano ad
abitare la città dal diciassettesimo secolo in
poi. .
“Dé, ma ci dici o no cosa significa il
nostro Dé?” Mi sembra proprio di sentirvi
che a questo punto non resistete più. Ebbene
eccovi serviti. Dé non è altro che la
contrazione di madiè ovvero “mio Dio”.
Così come il milanese maidè, secondo l'Accademia
della Crusca è una particella usata dagli antichi,
alla provenzale. Sia a Milano che in Toscana era, come
ci ricorda Alessandro Manzoni nella sua “Storia
della Colonna infame”, una delle tante formule
di giuramento “entrate per abuso nel discorso
ordinario”. La parola “boia” è
venuta poi come ulteriore rafforzativo ad una affermazione
per la quale, col Dé si dà una prova di
giuramento. Il “Dé”ha dunque un significato
diverso da interiezioni che si trovano in molte lingue
ed in altre zone d'Italia. Ma non è una cosa
strana che sia entrato nel linguaggio comune, quasi
ad indicare un intero popolo. E' accaduto molte volte
anche per le persone. Ad esempio, lo stesso famosissimo
Ernesto Guevara deve il suo soprannome al termine “che”,
aggettivo possessivo che in argentino antico significa
“mio”. Il braccio destro di Fidel Castro
intercalava costantemente i suoi discorsi con quella
parola.
.
Ah, a proposito di Boia, il compagno del nostro Dé.
E' chiaro il riferimento a quello che somministrava
le pene capitali. Pene che venivano inflitte dapprima
in Fortezza Vecchia quindi nella zona dell'attuale via
De Larderel dove è stato di recente costruito
un grande complesso abitativo e commerciale. Lì
c'era la ghigliottina, importata con l'occupazione francese
della città e, poco distante, il cimitero dei
“senzadio”, i giustiziati.
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