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"CORRI,
BRUCIA UNA BETTOLINA!"
Come visse quella notte il cronista de Il Tirreno Maurizio Silvestri di Maurizio Silvestri C’ero
anch’io quella notte. Sono arrivato
al porto tra i primi, scocciato perché
dopo una giornata da cronista al Tirreno
speravo di andarmene a casa. Invece arriva
il vicedirettore: “Mi hanno detto
che una bettolina si è incendiata
al porto. Vai a dare un’occhiata,
vedi tu”. Chiamo le ambulanze ed
i vigili del fuoco, come sempre fa il
cronista, come centinaia, migliaia di
volte ho fatto per 25
anni. Sono vaghi i pompieri ed i volontari tacciono: brutto segno. Vuol dire che qualcosa è successo e sono stati diffidati a parlare. Bisogna proprio andare sul posto. Arrivo sulla banchina dove c’è un gruppetto di persone, una Volante della polizia e qualcuno della capitaneria di porto. Cerco notizie sicure. In Capitaneria non si entra. Il Comandante si annoda la cravatta dietro la vetrata: anche lui era smontato dal servizio. “Niente, niente, per ora non si può dire nulla”. Escono i rimorchiatori, escono squadre di soccorso. Passano i minuti e la mezz’ora. Fa anche freddo e quasi quasi rientriamo in macchina, io ed il fotografo che intanto ho fatto venire. “…sì, si è incendiata una bettolina…”. “…No, forse è una nave più grossa”. “…E’ una nave grande, una petroliera che è finita contro la bettolina che navigava a luci spente…” . Se ne dicono tante in questa strana sera di primavera. Il cielo è scuro. Sembra che poco fuori dal porto ci sia nebbia: “E’ quella che ha provocato il disastro…”. E’ un freddo strano. Tutto è strano stasera; eppoi ho fame, anche sonno, sono stanco. “Pare impossibile ma quando succede qualcosa è sempre quando sei in queste condizioni”. Mi avvicino alla Volante. “Ciao Nunzio, come stai?” Il poliziotto abbassa appena il vetro, mi riconosce anche se non ci vedevamo da anni. Allaccio subito la conversazione, stupida come non mai anche perché ho l’orecchio alla radio di bordo ma devo fingere di non sentire e dedicarmi alle stupidaggini che stiamo dicendo, del tipo “…ricordi quando eravamo piccoli?... che risate quella volta…che paura quell’altra… e mamma? Babbo?”. Il capopattuglia torna dalla capitaneria. “Chiudi Nunzio”. C’è nuovo movimento in banchina. Ecco altra gente, funzionari del porto, questura, guardia di finanza. Non perdo di vista Nunzio: sta scuotendo la testa. Poi se la prende tra le mani. Apre un po’ il finestrino: “In fiamme c’è un traghetto…”. Intanto arriva una delle motovedetta di soccorso: corriamo col fotografo verso gli uomini avvolti nelle coperte. “Sì, sono il capitano della petroliera Agip Abruzzo…”. Dà la sua versione dei fatti. E’ stato lui a dare l’allarme. O almeno il suo allarme è stato sentito dagli operatori a terra. "...May day, may day, Moby Prince siamo in fiamme May day..." L’appello disperato dell’operatore radio del traghetto lo sentiamo solo ad una delle tante udienze che dovevano portare alla verità sulla tragedia che si sta consumando a poca distanza dal porto. Ma quelli del Moby quando li portano a terra? Nessuno risponde. Stiamo lavorando”. A quanto pare quella palla di fuoco che gira su sé stessa è anche difficile da individuare. O almeno così si dice sul momento. Intanto sono arrivate le televisioni. “Una domanda al cronista locale: in pochi mesi avete avuto incendi sulle colline eppoi un nubifragio. Ora questo scontro in mare? Che sta accadendo a Livorno?” “Mah, forse la Madonna di Montenero non ci vuole più aiutare” dico al microfono scocciato. Ed il collega televisivo a microfono spento: “Ma che risposta mi dai?” “E te che domanda mi fai?” Poi ecco un’altra motovedetta: “Viene dal traghetto, viene dal Moby. Finalmente. Quando tempo ci hanno messo. Ora sapremo, ora sapremo”. Mi butto in prima fila col fotografo. Scende a terra un uomo che pare fuori di sé. Mai visti occhi del genere. “Scatta, scatta ora la foto che si è tolto la coperta dal viso. Il flash illumina quegli occhi ed anche lo scatto bestiale verso di noi del mozzo Bertrand: un’immagine che passa alla storia di quella sera. Per fortuna lo trattengono. Poi riprende l’attesa: ma quando arrivano gli altri? Fa ancora più freddo. I vetri della Volante sono appannati; non riesco a sentire cosa dice la radio. Ma per fortuna il capopattuglia esce. Nunzio apre un attimo il vetro: “Non arriverà più nessuno. Sono morti tutti”. Ora è il gelo davvero. Si tratta di organizzarsi, cercare una barca per arrivare sotto bordo del traghetto in fiamme, trovare notizie, ancora notizie. Ora arrivano tutti, anche gli altri colleghi. Io devo correre al giornale per scrivere la prima edizione. Altri seguiranno i fatti sul posto, almeno per il tempo necessario a scrivere. Perché poi torno e passo la notte sulla banchina. A |
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Edizione
IL QUINTO MORO
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