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IL PORTO
DEL MEDITERRANERO
Fedinando I dei Medici fa arrivare a Livorno merci da tutto il mondo di Riccardo Ciorli - Architetto Archivio di Stato Quando
il 28 marzo 1577 viene posta la prima pietra
delle mura cittadine non si crea il nucleo
urbano di Livorno, ma piuttosto viene dato
l'avvio alla costruzione di un grande sistema
fortificato. Il tanto celebrato Ferdinando
I dei Medici non ha intenzione di costruire,
almeno all'inizio, una nuova città,
ma piuttosto intende provvedere di un sistema
di difesa quello che diverrà uno
dei più importanti porti del Mediterraneo.
Il granduca ha la necessità di creare
un presidio sulla costa che oltre ad agevolare
l'accesso al mare possa contenere un sufficiente
numero di magazzini e depositi. Per questo
fa realizzare da Bernardo Buontalenti una
cerchia di mura dalle dimensioni spropositate
con l'intento non solo di dare un segno
di potenza ma anche di avere lo spazio sufficiente
a contenere la costruzione delle strutture
necessarie alla vita dell'attività
portuale e dei suoi scambi. Quindi il porto
di Livorno diviene il balcone della potenza
medicea sul Mediterraneo e in breve tempo
anche il punto d'ingresso di una enorme
quantità di beni, cose di ogni natura
e qualità tra cui anche beni artistici
e monumentali. Questi sono giunti nei musei
fiorentini dopo essere stati sbarcati
nei moli della nuova città e poi
trasportati per via acqua fino ad andare
ad arricchire il capoluogo del granducato.
E' utile soffermarci su questo passaggio
e riflettere di quanto ci sia di storico
nell'attuale trasferimento dei turisti che
arrivano sulle nostre banchine e sono poi
trasbordati in città dell'entroterra.
Ironia della sorte è poi, il fatto
che tale trasferimento avviene ancor oggi
seguendo un percorso stradale o ferroviario
che è vicino al tracciato della vecchia
via fluviale dell'Arno e dei suoi affluenti.
Il nostro porto viene quindi creato per
divenire il più importante centro
di passaggio del centro Italia, un luogo
dove negozianti e commercianti provenienti
da molti Paesi stranieri trovano la possibilità
d'incontrarsi. Il
cosmopolismo che il governo fiorentino impone
alla nuova città agevola il fiorire
dell'importazione, lavorazione e ridistribuzione
di merci e tra queste molti generi alimentari.
Il più antico tra questi è
il grano, un bene di grande importanza economica
e strategica che giunge a Livorno dalle
terre dell'entroterra e attraverso le navi
olandesi anche dai Paesi del baltico e della
Turchia. Una volta giunto in città,
il grano viene conservato in quelle che
vengono chiamate Buche del Grano, cioè
dei veri e propri cavedi, scavati nel terrapieno
dei bastioni aventi una profondità
stimata di diversi metri e la sezione simile
a quella di una grande giara con le pareti
foderate in mattoni. Periodicamente tutto
l'interno della buca viene rivestito con
trecce di paglia del diametro di 15 cm.
con lo scopo di diminuire il grado di umidità.
In questo modo è possibile conservare
il grano e le altre granaglie addirittura
fino a sei anni, avendo però l'accortezza
di stenderlo all'aria almeno, due volte
all'anno. La
buca viene chiusa da un pesante tappo in
pietra che avendo notevoli dimensioni non
permette l'intrusione d'insetti e il fuoriuscire
di cattivi odori. Tali accortezze non sono
però sufficienti a far perdere al
grano quello che i cronisti dell'epoca chiamano
"sapore di buca". All'inizio le buche vengono
scavate nell'area delle due fortezze della
città, in quanto luoghi vigilati,
ma poi visto il crescere della quantità
di grano da immagazzinare, la pratica dell'uso
delle buche del grano si estende su tutto
il territorio urbano. In particolare merita
una menzione il più grande tra tutti
i depositi, quello scavato all'interno del
cosiddetto Piaggione dei Grani, tra la Fortezza
Vecchia e il quartiere della Venezia Nuova,
che nel 1700 denuncia di avere 140 buche
del Grano. L'architetto Luigi Bettarini
nell'800 incrementa la portata del piaggione
portandone la capienza delle buche fino
a 500 equivalente a una capacità
di 300.000 sacche di grano. Tutto questo
grano e granaglie non serve solo al consumo
interno ma viene utilizzato anche per la
produzione di derivati come le gallette
fatte dal 1780 dai Walzer sugli scali delle
Macine e ai Bougleaux per i loro molini
a Vapore sugli scali delle Cateratte. Proprio
per agevolare il trasporto e l'immagazzinamento
del grano vicino alle due grandi fabbriche,
nel 1832 vengono costruiti i primi magazzini
del grano in muratura, un grande isolato
che ancor oggi si trova sugli Scali Cerere
che però è servito all'uopo
solo per poco tempo. La soppressione dei
benefici doganali e l'arrivo del trasporto
su rotaia fanno presto ad annullare i benefici
di avere un così grande deposito
lontano dalla banchine del porto. Nel
1573 alcune navi inglesi scaricano nel porto
di Livorno, centinaia di merluzzi, barili
di pesci e aringhe avviando il commercio
del pesce conservato che determina la costruzione
di nuovi magazzini e rivendite di cui la
più rilevante in tal senso è
la Pescheria Vecchia costruita vicino alla
piazza del Villano nella Livorno Vecchia.
Si tratta di un grande negozio all'aperto
di pesce pescato sulla costa ma non manca
nemmeno il pesce di acqua dolce e il 16
ottobre 1672 sui banchi di questo mercato
si tenta di vendere anche Anguille di Fucecchio,
Lucci e Tinche. Lo smercio di un crescente
numero di derrate deperibili pone l'accento
sul modo di conservarle e il mezzo a cui
si ricorre è quello usato da secoli
e cioè il sale; per questo Ferdinando
I dei Medici costruisce, tra il 1608 e il
1610, i Magazzini del Sale che poi Cosimo
III amplia occupando lo spazio originariamente
destinato a deposito per l'olio. Si tratta
di una grande costruzione, di cui oggi rimane
solo una parete a fianco della caserma della
Finanza, che ha il beneficio di essere vicino
allo scalo e di essere facilmente controllabile
in quanto vicinissima all'Arsenale delle
Galere. Livorno, in quanto città
di porto è come tutti gli altri approdi
un luogo dove tradizionalmente è
diffuso l'uso di vino o liquori di alta
gradazione e la presenza massiccia di mercanti,
capitani e marinai inglesi ha portato alla
produzione e diffusione, con un relativo
successo, della birra tanto da consentire
nel 1602 l'apertura della prima fabbrica
di birra. Tradizione questa che continuerà
attraverso la produzione di altre fabbriche
fino ad arrivare alla nota De Giacomi. |
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Edizione
IL QUINTO MORO
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