PREFAZIONE
DI PATRIZIA POLI E IDA VERREI. Un racconto
sullinfanzia, La rosa di Otello Chelli,
sul rapporto particolare fra un bambino e una rosa,
quel fiore che nel freddo sembrava scolpito nellaria.
Non è una rosa qualsiasi ma la rosa,
ideale, platonica; così come la madre è
la Madre con la M maiuscola, colei che, nel cuore dellautore,
incarna leterno femminino. Cè tutto
lo stupore incantato dellinfanzia di fronte al
miracolo della natura, ma anche linsolita maturità
di una giovane vita che scopre i segreti del nascere
e morire, attraverso lincontro simbiotico con
unamica particolare, quella rosa, splendida
creatura
sorella guarita, che è anche
simbolo della vita che si rinnova attraverso lavvicendarsi
delle stagioni, il germoglio che si fa bocciolo, e poi
giovane fiore dai petali turgidi, e infine bellissima
opulenta rosa oscillante in cima ad
un ramo lungo ed esile. E non cè
solo losservare sorpreso, la scoperta magica,
cè il dono di sé, lamore e
la freschezza distanti di sentimento vero, rafforzati
dalla presenza vivificante della Madre, che ascolta,
suggerisce, consola.
Curata dallamore, la rosa gialla cresce perfetta,
astratta, imperitura nel suo splendore, scaldata dal
respiro del ragazzino, divenuto capace di aver cura
di ciò che è bello, di sostenere e far
vivere laltro da sé, in un atto di generosità
e amore. Tutto, però, ha una fine, la rosa attende
il suo giardiniere per morire sulle sue labbra, al soffio
del respiro che lha tenuta in vita. Anche per
il bambino cè il trascorrere del tempo,
linfanzia diviene maturità, altre stagioni
della vita. Resta però lo struggente ricordo
di un fiore ingiallito, seccato tra pagine di una tesi
di botanica, che mostra ancora loro dei
petali e gocce di fresca rugiada.
Parte integrante della narrazione è la poesia
della natura. Le foglie del sempreverde alloro,
le spine dei fichi dindia sono descritte
con nostalgia pascoliana.
La
Rosa di Otello Chelli
Un
bambino amava i fiori, ne ammirava i colori, ne aspirava
il profumo, ma non pensava mai di occuparsene, annaffiarli
nelle giornate di sole, dissodare il terreno intorno
a loro, sostenerli con delle cannucce. Era troppo occupato
a pensare, a studiare, giocare con gli amici, per lui
le ore volavano via troppo alla svelta e arrivata sera,
dopo avere cenato, si stendeva sotto le coperte per
dormire e sognare. Un giorno, mentre inseguiva un aeroplanino
di carta che volava con brevi balzi sulle correnti,
vide in un angolo del suo giardino una piantina di rose
con le foglie cadenti e i rami striminziti come nudi
steccoli. Spinto da un impulso improvviso del cuore,
corse alla fontana, riempì il suo piccolo annaffiatoio,
quasi mai usato e irrorò dacqua fresca
la sfortunata piantina, ma questazione non gli
sembrava sufficiente e allora si rivolse alla Madre.
Mamma, cè una piantina di rose morente,
mi aiuti a cambiarle il posto? Credo che se la piantassimo
nellaiuola accanto al muro, potrebbe salvarsi
e crescere bene.
Un angolo coperto dal vento, solo la brezza di mezzogiorno
e del tramonto potevano accarezzare la pianta di rosa.
Quel bambino intelligente, dotato di fervida immaginazione,
appassionato di lettura, aveva prelevato dalla biblioteca
disordinata della sua casa tutti i libri di botanica
e li aveva letteralmente divorati, dando inizio ad una
cura davvero efficace, con lacqua del pozzo, fertilizzanti
naturali, la sistemazione di una sottilissima rete protettiva
per i primi tempi e la rosa guarì, le sue foglie
divennero verde intenso, i rami si irrobustirono, crebbe
la piccola pianta e quando la primavera non era ancora
arrivata se non con i primi germogli, ecco spuntare
i piccoli bocci e per i lunghi mesi di primavera e estate
fu un fiorire di splendide rose giallo intenso. Il bambino
si fermava spesso davanti a quella che considerava come
una sorella guarita, diventata una splendida creatura
e le parlava, le raccontava della scuola, dei suoi giochi,
dello sport praticato, di amici e amiche, un colloquio
che spesso la Madre ascoltava sorridendo compiaciuta
per quella osmosi fra suo figlio e la rosa della quale,
lui aspirava sempre il profumo intenso che i petali
emanavano. Infine venne lautunno, le prime piogge,
il vento e nei primi giorni dinverno, anche il
freddo raggiunse il piccolo giardino e la neve cadde
a coprire di candore i tetti, la terrazza e alberi e
piante del giardino. Il bambino non appena ritornava
dalla scuola si recava a trovare la sua pianta di rose
ormai spoglia, salvo qualche foglia qua e là.
Si fermava, le parlava consolandola, la invitava ad
avere pazienza e la sua vocetta dolce sembrava accarezzare
quellangolo ormai spoglio di fiori. Poi, un pomeriggio,
cadeva una pioggerella fine, quasi un pulviscolo, egli
vide tra un ciuffetto di foglie, un minuscolo boccio
e lo disse, entusiasta, alla Madre.
Mamma la rosa ha messo su un boccio piccolissimo,
speriamo ce la faccia a nascere e fiorire.
Fu una lunga attesa, vi furono violenti temporali, giornate
di vento impetuoso, la temperatura calò vistosamente,
quellinverno si rivelò il più freddo
dellultimo secolo, ma il bocciolo crebbe lentamente,
con costanza e alla fine a sbocciare fu una splendida,
grande rosa dintenso giallo, semplicemente bellissima,
unico fiore tra i rami secchi delle piante dintorno.
Sembrava fatta doro. Quando al mattino il bambino
apriva gli occhi, il suo primo pensiero era per la sua
rosa, si vestiva, beveva il latte e correva in giardino
con la cartella a tracolla per ammirare quel fiore che
nel freddo sembrava scolpito nellaria, sussurrarle
dolci parole e se la brezza faceva oscillare la rosa
nata e cresciuta in cima ad un ramo lungo ed esile,
al bambino sembrava che quel fiore bellissimo, opulento,
gli rispondesse seppure con impercettibili segni.
La gelata colse tutti di sorpresa, il vento piegò
lo stelo e la rosa piombò quasi al suolo, ma
quando il bambino arrivò da scuola corse disperatamente
laddove il rametto dovera appeso quel fiore ancora
bellissimo, sembrava si fosse spezzato, ma con un profondo
sospiro di sollievo si accorse che seppure curvo, quellesile,
lungo braccio era sano, si era piegato alla violenza
del vento, ma aveva resistito. Un profondo sospiro di
sollievo e il bambino corse a cercare una canna sottile,
ma resistente, con un coltellino vi scavò un
solco sulla cima, laffondò nella terra
e nellincavo depose lo stelo sul quale la rosa
bellissima sembrava splendere di luce propria. Appena
in tempo, la notte la neve cadde nuovamente coprendo
tetti, strade e giardino di un bianchissimo velo, nevicò
anche per lintera giornata successiva e il freddo
strinse il mondo in una gelida morsa, dai tetti corone
di splendidi diamanti sembravano precipitare in strada,
il grande cancello del giardino, i rami scheletriti
degli alberi, le foglie del sempreverde alloro, le spine
dei fichi dindia, sembravano adorni di trine leggiadre
e la magia della rosa sciolse un empito di infinita
tenerezza nellanima del bambino. Era bellissima,
i petali dorati adorni di splendidi gioielli, gocce
lucenti fissate dal gelo, la stessa rosa sembrava diventata
di roccia, una specie di rosa del deserto pietrificata
dai secoli, ma quella del bambino era viva, sembrava
respirasse e lui, ogni volta che andava ad ammirarsela,
avvicinava la sua bocca e la scaldava con il suo respiro,
gli sembrava ogni volta che lo splendido fiore dorato
gli sorridesse. La neve si sciolse e arrivò nuovamente
la pioggia e il bambino parlò a sua Madre, mentre
si apprestava ad uscire per recarsi col Padre fino a
scuola.
Mamma, quanto può vivere una rosa?
Abitualmente una decina di giorni, ma anche qualcuno
in più
Scusa, ma la nostra rosa ha già venti giorni.
Si, lo so, penso che a tenerla in vita sia il
tuo affetto per lei, il tuo parlarci, donargli il tuo
respiro, amarla, questo la rende più forte
Linverno era davvero duro, ma stranamente, la
pianta, senza quasi più foglie, faceva svettare
nel giardino ormai spoglio di fiori, questa splendida
rosa che il bambino, trepidante, voleva far vivere per
sempre. Una mattina, un vento leggero e freddo di terra
sembrava accarezzare tutto quanto toccava e il bambino,
al ritorno dalla scuola, per lintera mattina aveva
pensato con viva preoccupazione che la rosa poteva non
resistere a quel nuovo attacco del freddo, si precipitò
in giardino e la vide, splendida, creatura giallo oro,
viva come non mai e, colpito da quella visione, si avvicinò
respirando il suo caldo fiato sui petali. Un attimo
di stasi, poi i suoi occhi videro la rosa piegarsi quasi
con mossa leggiadra e i suoi petali, come attirati dal
respiro del bambino, si posarono sulle sue labbra. Un
momento destasi, poi il fiore leggiadro si piego
staccandosi dal ramo e cadde, improvvisamente raggrinzito
come fosse invecchiato improvvisamente, sul fondo del
vaso. Gli occhi umidi di pianto, quel ragazzino sensibile
come nessun altro, entrò lentamente in casa e
sulla porta trovò la Madre che aveva visto dalla
finestra quanto era accaduto.
Vieni, bambino mio, vieni e non piangere, la rosa
ha atteso il tuo ritorno per staccarsi dal suo ramo,
voleva terminare il suo viaggio su questa terra posandosi
sulle tue labbra che lhanno riscaldata ogni giorno.
Non devi piangere, la tua rosa ha terminato il suo ciclo,
è il fatto più naturale della vita, questo.
Lhai fatta nascere, vivere, le hai dato acqua,
calore, dolcezza
La seppellirò in giardino
No, è un fiore, tu la conserverai fra le
pagine di un tuo libro e lei ti seguirà sempre.
Fallo, ti porterà fortuna.
Il bambino seguì il consiglio della Madre e pose
la rosa fra le pagina di un dizionario di botanica.
Gli anni trascorsero e il bambino crebbe, diventò
un ragazzino vivace, un fanciullo alto e snello, un
giovane atleta e alla fine del ciclo universitario,
si laureò in botanica e mentre illustrava la
sua tesi, stampata e rilegata elegantemente, laveva
aperta e tra due pagine, messavi sicuramente dalla Madre,
era distesa la rosa, seccata dagli anni, ma ancora visibile
e mentre lui parlava con voce intensa e il suo discorso
era fluente, i suoi occhi vedevano ancora loro
di petali che mostravano gocce di fresca rugiada.