Livorno Magazine
UN SALTO IN LIBRERIA - PENSIERI E PAROLE
In morte di Mamma Artemisia
Una poesia dal sapore antico, del cantore livornese Otello Chelli

Corsi, con il cuore che martellava dentro,
nella notte interrotta
e nei silenti, deserti corridoi dell’ospedale,
la speranza lentamente svaniva nell’affanno
di una certezza che mi strozzava in gola
l’urlo del distacco imminente da te viva.
- “Muore colei che mi stringeva al petto
con amore,
quietava i sonni miei,
e mi donava il sangue dal suo seno.” -
La porta aperta sul volto tuo disteso,
gli occhi velati, la fronte senza rughe,
una carezza e il tenue calore rimasto sulla pelle,
come il tenero petto di un passerotto implume,
mi resero il bambino disperato
che piangeva svegliandosi nel buio.
Ora non c’eri più con il tuo sguardo,
a placare le molte mie inquietudini
e gli affanni della ricerca antica
che mai mi ha dato requie.
La morte si era presa il tuo respiro,
senza l’ultimo abbraccio dei tuoi figli
ed io gemevo piano, con il viso
posato sul tuo capo reclinato.
L’alba mi vide accanto al freddo marmo,
chinato sul tuo corpo a ricordare
i momenti più belli della vita
e i giorni sfortunati.
Poi vennero i fratelli e le sorelle,
i mille pianti, i fiori
e il noce lucidato della bara,
il lento camminare sull’Aurelia,
con gli amici in attesa avanti casa
e i mattoni a serrare il nostro cuore
nella gelida morsa del dolore.
Ora, trascorso il tempo, sono sceso quaggiù,
nell’oscuro snodarsi delle tombe,
davanti al tuo ritratto.
Brillano fiochi lumi e il tuo sorriso,
tra il biancheggiar dei fiori,
è una povera immagine
della squillante risata di mia madre,
quando, giovane, bella e forte,
un bimbo rincorreva lungo il viale
accanto alla Crocetta di Saglietto.
Eppure, Mamma, il tuo ricordo,
nonostante lo scorrere di giorni mai tranquilli,
è presente, ben vivo e mi accompagna
in questa vita vissuta intensamente.
Il tuo corpo è tornato nella terra
che si frantuma attorno e che rinasce
dalle ceneri sparse
di un fuoco che ha vissuto sessant’anni.
Tu rivivi con me, con i miei giorni,
soffri e gioisci nei miei sentimenti,
ti rifletti negli occhi dei miei figli,
scorri con me le pagine diverse
degli anni che trascorrono, cadendo,
uno sull’altro, come foglie d’autunno.

Febbraio 1974 / febbraio 1982

 
 
IL QUINTO MORO
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