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Io e Evelyn
Non parlo mai con la gente che mi guarda così,
questo pomeriggio ho attaccato discorso solo perché
le cose stanno per cambiare.
- Ok - ho detto - io ed Evelyn siamo siamesi, unite
per il bacino. Vede? Qui - ho indicato - dove voialtri
avete l'ombellico.
Ha strabuzzato gli occhi, stritolato il manico dell'ombrello,
raspato con il tacco il ghiaino come un gatto che
ha appena fatto la pipì nella sua cassetta.
Si è seduto sulla nostra panchina per caso,
non ci ha viste subito e adesso non sa più
dove guardare. Prova ad andarsene ma lo agguanto per
la manica dell'impermeabile.
- Ehi, signore! Ieri era il nostro compleanno, quindici
anni! - lo informo.
Evelyn sta dormendo sulla mia maglietta di Will Coyote.
Si è addormentata appena siamo arrivate al
parco. E' stanca, deve essere l'emozione.
Dall'incerata che ci ripara, di lei sbucano solo un
po' di capelli e un orecchino con un ciondolo di corallo.
- E' stata una festa proprio da sballo! - continuo
solo per il gusto di vederlo arrossire.
- Papà mi ha detto: Rosemary, domani ti compro
un motorino tutto per te, di che colore lo vuoi? Blu
faccio
io, compramelo blu. Evelyn l'ha chiesto rosso.
- Ah, bene, auguri.
- Perché, vede, signore, domani ci separano.
Guardi, qui, dove dorme mia sorella, ci tagliano a
metà.
Mi sollevo sul gomito e alzo l'incerata per fargli
vedere il
punto esatto. Ho imparato a muovermi senza svegliare
Evelyn. Ci siamo sempre addormentate così,
faccia a faccia, respirandoci in bocca. A volte lei
scalcia, butta giù il lenzuolo, ci scopre.
Mica lo so, io, cosa vuol dire alzarsi e andare a
bere in cucina lasciando Evelyn nel letto. Se mi scappa
la pipì, la trattengo, per non svegliarla.
Ma da domani ruberò il gelato senza che lei
faccia la spia e andrò per prima alla finestra
quando passa Richie Lawrence, che ci piace a tutte
e due. Guiderò anche il motorino, da sola.
Sai che palle.
Evelyn si muove, soffia coi polmoni, slaccia le gambe
dalle mie. Tiro su l'incerata per coprirla, visto
che s'è alzato il vento e spazza le foglie.
Intanto penso al bisturi che ci fruga fra le budella
e decide per noi: questo è di Evelyn e questo
è di Rosemary.
- Bene - ripete lui - allora, auguri.
- Mica è giusto! Sceglieranno a caso. Che ne
dice lei?
E' a disagio; guarda la mantella con le due teste
e poi si guarda le scarpe.
- No - dice - no, non credo, perché dovrebbero?
- Si, invece.
Qualcosa di mio, penso, rimarrà laggiù,
prigioniero e lontano. Sa, lui, sa, mio padre, sanno,
forse, gli altri, che quando passa Richie Lawrence
la pancia di Evelyn fa glu glu? Io sì. Io lo
so, io lo avverto, ogni volta. O è la mia pancia?
Ed è così l'amore?
Sento il mento di Evelyn inumidirmi il collo, l'odore
tiepido delle sue ascelle, il solletico delle ciocche
castane, identiche alle mie, scosse dal vento.
Gli mostro una foto sul giornale.
- Signore, guardi! Guardi che roba!
Ci siamo noi alla nostra festa da sballo, con due
cappelli da fata turchina in testa e due fette di
torta rosa.
"Nuovo miracolo della scienza. Da venerdì
divise le gemelle della 22°".
Macché miracolo, il miracolo c'è già.
Loro non lo sanno che è uno sballo per me stare
così con Evelyn! Noi siamo una e tutti gli
altri invece sono due, tre, quattro, mille, centomila!
Divisi, soli al mondo, uno schifo. Solo l'idea mi
terrorizza. Credevo che sarebbe durato per sempre,
noi due attaccate così! Invece, che fregatura!
Mi toccherà pure morire da sola, un giorno,
ed avrò una paura cane.
Evelyn apre gli occhi e sbadiglia, io guardo l'orologio.
- E' tardi - dico - notte, signore! Andiamo, Evelyn.
Lui si alza.
- Buonanotte.
Prende l'ombrello e fugge via, da solo.
Noi due indietreggiamo abbracciate, scorrendo su quattro
zampe, verso casa, verso i nostri genitori che aspettano
due figlie, non una.
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