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Effimera
La palude ancora avvolta dall'umidità dell'alba,
lei ha appena districato le sue ali e ora le spiega,
tremanti, osservandole in controluce, sorpresa e grata.
Ne ha quattro, due dinanzi, più sviluppate
e forti, e due dietro, deboli ma complete.
Non sa di essere una mediocre volatrice. Tende le
ali e spicca il volo, colma di desiderio, d'aspettativa,
di promesse. E' giovane e forte, ha tutta la vita
davanti.
Le antenne, corte e sensibili, la guidano. Si libra
emozionata sopra l'acqua dolce e traslucida, che lascia
intravedere il fondo melmoso dove vivono creature
ed alghe. Cibo per altri, ma non per lei, che non
può perdere tempo a nutrirsi, che ha lasciato
bocca e stomaco nella lunga metamorfosi, in quell'altra
vita di cui ricorda solo un lento maturare dello scopo.
Vola più alto, in cerchi sempre più
ampi.
Il
sole estivo brilla nel cielo ed asciuga tutta la brina.
Ora sbatte più forte le ali, quasi frenetica.
Sa che la vita è un dono e non va sprecata,
sa che ha una missione da compiere, un fine nobile
che la trascende.
Il suo desiderio divampa. E' un'emozione che spinge,
che urge, che esorta. E' matura adesso, piena di vita,
si sente davvero pronta, e allora diventa incosciente,
quasi folle nella sua ricerca.
Si azzarda ai confini della palude, poi torna al centro,
si tuffa in picchiata, rasenta l'acqua con le ali,
rischia quasi di affogare. Si scrolla, risale, pesante
ed intrisa, ma più determinata che mai. Agita
le ali, le asciuga nell'aria rovente del mezzodì,
ritrova il ritmo del suo nobile, ininterrotto, volo
nuziale.
Le
ombre si allungano, l'aria rinfresca. Ci sono rondini
predatrici, adesso, che la minacciano, deve stare
attenta.
Il tempo è passato, inesorabile, le ali sono
stanche. La vita ora pesa su spalle doloranti. Sa
di non essere più quella che era al mattino.
Ha quasi un dubbio, mentre la luce scolora lentamente.
E se tutto fosse inutile? Se uno di quegli uccelli
la inghiottisse ora? Che senso avrebbero, ebbene,
quei voli in su e in giù?
Si ferma per la prima volta, incerta, librata sull'acqua.
Riflette, tende le antenne che, ahimè, non
sentono più bene come all'inizio, come quando
era giovane. Osserva pensosa lo stagno appena increspato
dalla brezza serale, una foglia di ninfea che galleggia
come una zattera fiorita, un pesce argenteo sotto
il pelo dell'acqua.
Ed è lì che succede, mentre, sospesa,
ha smesso di cercare.
Capisce che è l'odore giusto, che è
proprio quella particolare vibrazione.
Anche l'altro è stanco, anche lui, come lei,
per
tutto il giorno, per tutta sua la vita, ha volato
ininterrottamente, senza sosta.
Si riconoscono, si avvicinano, si fondono, vibrano
all'unisono, paghi e sfiniti. Ora sì, che tutto
ha un senso, pensano riconoscenti.
E' buio, ormai, ed è di nuovo sola. Si è
posata su un filo d'erba che ondeggia dolcemente.
Le sue vecchie ali fanno male, le antenne non sentono
più.
Con l'ultima voce, tuttavia, lei canta ancora le lodi
del Creatore, e lo ringrazia, commossa, per averle
donato una vita tanto piena ed intensa.
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