|
.
Asili
Ora sai che faccio, mi metto il cappottino e il berretto,
siedo sulla panca nello spogliatoio, e aspetto mamma.
Ti prego, ti prego Signore, fa' che mamma venga a
prendermi. Almeno per mangiare. La pasta è
molle, l'uovo fa schifo. Ieri ho vomitato, mi hanno
fatto alzare, mi hanno portato al centro della stanza,
mi hanno lasciato lì in piedi, da sola, mentre
andavano a prendere qualcosa per pulirmi perché
avevo tutto il grembiule sporco di vomito. Chiamavo
mamma, ero bagnata, mi vergognavo perché tutti
mi fissavano, mi puntavano contro il dito, ridendo
con quelle boccacce sdentate.
Perché mamma non viene a prendermi? Così
vado a casa e mangio almeno il purè, che mamma
lo fa buono, e poi guardo la tv dei ragazzi.
Stamani mi hanno dato un foglio e una matita. "Disegna,
Gina", mi hanno detto. Ho puntato la matita sul
foglio, ho tracciato un arco con una mano sola. Quella
che mi aveva dato il foglio ha chiesto: "Cos'è,
Gina?". "E' un ponte, va bene?" ho
detto io. Così, se non altro, la piantava di
obbligarmi a disegnare. A me non riesce disegnare,
a me non piace disegnare. Vorrei che mi lasciassero
leggere tutti i libri che hanno in quella stanza di
là. Ma forse non so leggere.
Ieri ci hanno fatto sedere in cerchio. "Gina,
raccontaci qualcosa di te", hanno detto. Non
mi è venuto niente da dire, mi sembrava di
avere una scatola da scarpe al posto della testa.
Ero tutta sudata.
"Non temere, Gina, qui hai tante nuove amiche."
Mamma mi ha spiegato che due persone diventano amiche
quando si conoscono da tanto tempo e si vogliono bene.
Non so quanto è che sono qui, ma queste non
sono mie amiche e non voglio bene a nessuno. No, davvero,
queste non sono mie amiche, queste puzzano e si pisciano
addosso. Se mi avvicino, mi danno le spinte. Una mi
ha detto: "Vai via, puttana." Mamma non
vuole che dica certe parole, non vuole nemmeno che
le ascolti.
Mamma, ti prego, vieni.
"Ci fumiamo una sigaretta, Giovanna?"
"Sì, Angela, ma facciamo presto che fra
poco rientra la direttrice."
Giovanna e Angela si appoggiano al vetro esterno e
fumano in fretta, aspirando a grandi boccate. L'aria
sta rinfrescando, il sole cala e si va a nascondere
dietro le colline. Una terza infermiera passa loro
vicino spingendo una sedia a rotelle vuota. "Sbrigatevi,
la vipera è in arrivo."
"Come le hai viste, oggi?" chiede Giovanna.
"Insomma
al solito, qualcuna tranquilla,
altre meno."
"E' assurdo quanto riescono a essere cattive
alla loro età. Ce l'hanno con Gina, poverina,
la isolano."
"Gina non lega con nessuno, parla poco, non si
apre, non è collaborativa... "
"Già, oggi ho provato a farla disegnare,
ma niente."
Suona un campanello, le due infermiere spengono in
fretta le sigarette sotto la suola delle scarpe. "Dai,
al lavoro."
Tornano nella grande stanza comune. "Svuoti tu
le padelle?" dice Angela, a voce alta, per farsi
sentire dalla direttrice che, proprio in quel momento,
sta scendendo le scale dai piani superiori.
"Sì, e tu vai a prendere i pannoloni,
taglia media e grande, mi raccomando."
La direttrice si è fermata ai piedi della scala.
"Giovanna, Angela", dice con un sorriso
da serpe, "le nostre ospiti hanno bisogno di
voi. Non siete qui per divertirvi. Questo non è
un asilo, ragazze, ricordatevelo, è una casa
di riposo."
|