Gli Angeli di St. Jeremy
Legno
incrinato dalla pioggia e dal sole, isolanti di
porcellana, stormi di uccelli neri appollaiati sui
fili. Conto i pali del telegrafo e salto giù
dal postale in corsa.
Trentatré pali. Trentatré come gli
anni di Cristo.
Scendo perché St. Jeremy è un buon
posto per passarci la notte di Natale. Dice che
si sentono cantare gli angeli, i bambini tengono
accesa apposta una candela davanti alla finestra.
Guado la piazza della chiesa, ululando la mia canzone.
Sister Death, Sister Death, why don't you take me
back? (1)
Strascico i piedi, le pezze non bastano a proteggermi
dai geloni. Nelle toppe s'infilano le palle di neve
dei ragazzacci, i cattivi ragazzi sono dappertutto.
Mi vedo nella vetrina Keaton's, mentre sbavo sulle
salsicce appese a festoni, insieme con un bastardo
nero che mi s'è accodato. Ho il solito farfallino
al posto del colletto e l'abituale viso grinzoso.
Me ne vado ed il bastardo mi segue.
Seduto su un gradino, rovescio il cappello fra le
ginocchia e mi arrotolo una cartina. Angeli o non
angeli, se prima di notte un verdone cascherà
nel feltro bisunto, pagherò la branda del
reverendo Gordon, che Dio lo spiaccichi da quel
pidocchio che è. Sorella Rosy appoggia accanto
al cappello un piatto legato con un tovagliolo.
"Jack, l'hai scampata anche quest'anno?"
"E tu, brutta puttana?"
Lei se ne va.
Le ore passano, inizia a nevicare. Un paio di monete
piovono nel berretto. Carità da notte di
Natale, carità pelosa.
Dalle finestre vedo le donne che riempiono di castagne
i tacchini sbuzzati. Immagino di addentare una pelle
croccante alla luce tremula di un cero. I bambini
ritagliano stelle di stagnola, poi si affacciano
alla finestra e depositano una candela accesa sul
davanzale.
Trillano i campanelli dei fattorini, sembrano i
sonagli della slitta di Santa Claus. Tutte le porte,
coronate d'agrifoglio, cantano inni di gioia.
Tutte, meno la porta Mac Dowell. Non ha un festone
di bacche rosse come le altre, ha una coccarda nera.
Mi parla, la sua voce oliata esce dal battente.
"Il ragazzo è morto", dice, "e
la vecchia non si dà pace." E se mi
spostassi due case più in là, dove
la luce parla di festa e si sente odore di moccolo
e arrosto? Invece appoggio la schiena contro la
porta Mac Dowell.
Passano un uomo ed una donna. "Hai visto?",
sussurrano, "Mary Mac Dowell non ha tolto il
nastro nero. Perché la tira tanto in lungo?"
Buttano un verdone nel cappello, nessuno ti rifiuta
un pezzo di pane in una notte come questa.
Adesso ho il mio verdone. Ora posso andare giù
alla missione. Quello spilorcio del reverendo mi
darà da dormire, ho il mio verdone.
Indugio, con le mani affondate nel pelo del cane,
mi rannicchio contro la porta Mac Dowell. Il bastardo
mi lecca i piedi, ha lo stesso colore della coccarda.
I gradini si sono ammorbiditi perché la neve
infittisce. La lingua del cane è tiepida
sulle gambe che non sento più, laggiù
in fondo ai pantaloni.
Faccio compagnia alla porta nera, mentre la neve
cade, gelida e dolce.
Sister Death, Sister Death, why don't you take me
back? E' la mia voce che canta.
Poi non è più la mia voce.
La strada è diventata buia o forse io ho
chiuso gli occhi. Sento qualcuno che canta ma non
sono io, giuro.
In mezzo ai fiocchi sfarfallano gli angeli, piroettano
in spirali di neve, cavalcano pupazzi di ghiaccio.
Li guardo vorticare nei cristalli, sfiorare le porte
con le ali intrise di neve. Tutte le porte, ma soprattutto
la porta Mac Dowell.
Non ho freddo, non ho paura. Dentro la casa, Mrs
Mac Dowell non piange più, sento solo la
voce degli angeli.
Gli angeli di St. Jeremy che cantano.
(1) Sorella morte, sorella morte,
perché non mi porti via?