|
Andana
degli Anelli
Il tentativo più arduo di Cosimo I° fu
la costruzione del nuovo porto, da lui meditato
silenziosamente per anni e messo in cantiere nel
1573.
Gettare in mare aperto un molo che congiungesse
la terra con la torre del Fanale, fondare parallelamente
alla terra, pure in mare aperto e senza ridosso
di sorta, un altro molo per chiudere un vastissimo
specchio di acque era, con i mezzi tecnici del secolo
decimo sesto, impresa da spaventare chiunque per
il suo costo e per le sue difficoltà.
|
Il
Mastio di Matilde |
Ma
Cosimo I° non ebbe esitazioni: raccolse i mezzi
d'opera, iniziò e fece portare innanzi con
decisione instancabile l'affondamento di massi e
in alcuni punti anche di vecchi bastimenti fuori
uso carichi di pietre; le operazioni progredirono
notevolmente nel braccio che avrebbe dovuto congiungere
il Fanale alla terra ferma e che avrebbe difeso
il nuovo porto dai marosi di libeccio. Ma i lavori,
iniziati sul progetto del Buontalenti, presentarono
gravissimi inconvenienti: le alghe, abbondantissime
in questa zona, trovando poco per volta chiuso il
passaggio, nel loro transito prodotto dalle correnti
si addossavano alla diga di libeccio costituendo,
con il loro lento processo di putrefazione, una
seria minaccia per la salute pubblica e una minaccia
per il porto stesso. Fu così che i lavori
dovettero essere abbandonati.
Tuttavia, con l'impiego di 1500 operai, benché
il progetto del nuovo porto incontrasse tutte queste
difficoltà, poté crearsi quella linea
denominata Andana degli Anelli.
|
Andana
degli Anelli
|
Francesco I
Cosimo I
Papa Sisto V |
La
città
Francesco I°, succeduto al granduca Cosimo I°,
fu considerato da alcuni un avaro, un tiranno, un
imbelle voluttuoso, senza rilievo sia nell'attività
politica che in quella economica, da altri invece
fu stimato per il fatto che seppe provvedere all'avvenire
della toscana, in un momento molto travagliato della
vita europea.
Quando il papa Sisto V paralizzò artificiosamente
la circolazione del denaro in Italia con danno per
i commerci, Francesco I° non esitò ad
aprire il porto di Livorno a tutte le nazioni, valorizzando
così lo scalo labronico.
Sempre più distaccata dalla vita e dalle
condizioni economiche della Toscana, Livorno diviene
un mercato di deposito sulle linee mediterranee
percorse da navigatori stranieri.
Città ricca in una regione povera, abitata
da mercanti accorsi per far soldi, pronti a ripartire
non appena esaurite le fonti di ricchezza. Ma Livorno
era comunque ancora un povero borgo con un porto
limitato. Il granduca comprese la necessità
di ampliarlo e di trasformare il borgo in città.
Il 28 marzo 1577 si iniziò con solennità
e pompa magna la posa della prima pietra proclamando
Livorno città. Iniziate le costruzioni edilizie
e stradali, Francesco I° rivolse la sua attenzione
anche al porto, riprendendo la traccia lasciatagli
dal padre e ne affidò la direzione al Buontalenti
e ad Alessandro Pieroni, ma nel 1587 i lavori dovettero
essere ancora abbandonati. Livorno era sempre afflitta
dalla malaria, il porto non bastava per i traffici
che si svolgevano in mare aperto, poco protetti
dal ridosso delle secche della Meloria.
Nel 1582, quando la peste funestò la Toscana,
grazie al lazzaretto fatto costruire da Francesco
I° al Fanale, fu possibile evitare mali irreparabili
allo scalo e all'emporio livornese.
|
La
statua dei 4 Mori a Livorno
con Ferdinando I Medici |
Il
progetto del nuovo porto
Alla morte di Francesco I° salì al trono
Ferdinando I° che, prima di ogni altra cosa,
pensò all'incremento economico del suo stato
continuando l'opera dei suoi predecessori per fare
della Toscana il preminente centro commerciale italiano.
Per realizzare i suoi intendimenti, Livorno venne
considerata come l'emporio della Toscana; a tal
fine il granduca nominò una commissione di
tecnici, uomini
d'arme
e di mare, chiamata Consiglio Livornese per
progettare una vasta città e un ampio
porto. Riprese il vecchio progetto del padre,
Cosimo I°, che prevedeva la costruzione
del grande porto al Fanale per ospitare 300
navi.
Anche se notizie dell'epoca danno per certa
l'utilizzazione da parte di alcune navi del
costruendo molo che doveva unire la terraferma
al Fanale, i lavori iniziati furono abbandonati.
Gli inconvenienti erano sempre gli stessi:
innanzi tutto le difficoltà tecniche
che, con i mezzi del tempo, erano esorbitanti.
Si doveva lavorare in mare aperto, esposti
ai venti di libeccio, il problema delle alghe
era ancora insoluto.
|
Ferdinando
I
|
|
La
nuova darsena
Volendo
offrire alle sue galere un ricovero immediato e sicuro,
Ferdinando I° progettò e fece eseguire con
molta sollecitudine un ampliamento della vecchia darsena
a mezzogiorno, creando così la nuova darsena.
Dopo aver fatto preparare il banchina mento, il 9 febbraio
1591 il granduca dette l'ordine di iniziare i lavori di
vuotatura e di scavo, che vennero eseguiti da un ingente
numero di operai, di schiavi e di forzati. In cinque giorni
i lavori furono completati e, immessavi l'acqua, poterono
accedere le prime galere.
Il ponte ed il forte della Sassaia |
La
diga della sassaia
Vista l'impossibilità pratica di attuare
il porto al Fanale, progetto grandioso che avrebbe
dato una dimensione ampia allo specchio d'acqua
portuale, Ferdinando I° ordinò di costruire
una diga in direzione del forte della Sassaia.
In questo modo lo specchio d'acqua del nuovo porto
sarebbe stato più limitato, ma grazie a questa
sua costruzione fu possibile al successore dare
l'avvio ai lavori per ampliare finalmente il porto.
|
Costruzioni
edilizie
L'incremento
di popolazione, voluto dai vari granduchi mediante la
concessione di privilegi ed esenzioni, aveva portato ad
una importante crescita demografica, facendo passare Livorno
dagli 863 abitanti del 1560 agli 8200 del 1609. Ciò
impegnò Ferdinando I° in importanti e grandiose
opere edilizie.
Allo scopo di evitare le secche e per segnalare l'arrivo
dei pirati africani, dopo un referendum fra i capitani
di nave fu decisa la costruzione del Fanale della Meloria.
Per l'approvvigionamento idrico della città, sotto
la direzione dell'olandese colonnello Mayer, fu costruito
un acquedotto che portava a Livorno le acque della località
Limone. Riconosciuta l'insufficienza del lazzaretto al
fanale, per potenziare l'attività commerciale,
si rese necessaria la costruzione di alcuni lazzeretti,
il più importante dei quali fu quello di San Rocco.
Situato non lontano dalla Darsena Nuova era dotato di
un canale interno e serviva per lo scarico, il deposito
e la quarantena delle merci provenienti dai luoghi infetti.
FINE
SECONDA PUNTATA
|