Livorno e il suo porto seconda puntata
di Alessandro Brunetti
a cura di Patrizia Poli


Andana degli Anelli

Il tentativo più arduo di Cosimo I° fu la costruzione del nuovo porto, da lui meditato silenziosamente per anni e messo in cantiere nel 1573.
Gettare in mare aperto un molo che congiungesse la terra con la torre del Fanale, fondare parallelamente alla terra, pure in mare aperto e senza ridosso di sorta, un altro molo per chiudere un vastissimo specchio di acque era, con i mezzi tecnici del secolo decimo sesto, impresa da spaventare chiunque per il suo costo e per le sue difficoltà.


Il Mastio di Matilde

Ma Cosimo I° non ebbe esitazioni: raccolse i mezzi d'opera, iniziò e fece portare innanzi con decisione instancabile l'affondamento di massi e in alcuni punti anche di vecchi bastimenti fuori uso carichi di pietre; le operazioni progredirono notevolmente nel braccio che avrebbe dovuto congiungere il Fanale alla terra ferma e che avrebbe difeso il nuovo porto dai marosi di libeccio. Ma i lavori, iniziati sul progetto del Buontalenti, presentarono gravissimi inconvenienti: le alghe, abbondantissime in questa zona, trovando poco per volta chiuso il passaggio, nel loro transito prodotto dalle correnti si addossavano alla diga di libeccio costituendo, con il loro lento processo di putrefazione, una seria minaccia per la salute pubblica e una minaccia per il porto stesso. Fu così che i lavori dovettero essere abbandonati.
Tuttavia, con l'impiego di 1500 operai, benché il progetto del nuovo porto incontrasse tutte queste difficoltà, poté crearsi quella linea denominata Andana degli Anelli.




Andana degli Anelli


Francesco I

Cosimo I

Papa Sisto V

La città

Francesco I°, succeduto al granduca Cosimo I°, fu considerato da alcuni un avaro, un tiranno, un imbelle voluttuoso, senza rilievo sia nell'attività politica che in quella economica, da altri invece fu stimato per il fatto che seppe provvedere all'avvenire della toscana, in un momento molto travagliato della vita europea.
Quando il papa Sisto V paralizzò artificiosamente la circolazione del denaro in Italia con danno per i commerci, Francesco I° non esitò ad aprire il porto di Livorno a tutte le nazioni, valorizzando così lo scalo labronico.
Sempre più distaccata dalla vita e dalle condizioni economiche della Toscana, Livorno diviene un mercato di deposito sulle linee mediterranee percorse da navigatori stranieri.
Città ricca in una regione povera, abitata da mercanti accorsi per far soldi, pronti a ripartire non appena esaurite le fonti di ricchezza. Ma Livorno era comunque ancora un povero borgo con un porto limitato. Il granduca comprese la necessità di ampliarlo e di trasformare il borgo in città.
Il 28 marzo 1577 si iniziò con solennità e pompa magna la posa della prima pietra proclamando Livorno città. Iniziate le costruzioni edilizie e stradali, Francesco I° rivolse la sua attenzione anche al porto, riprendendo la traccia lasciatagli dal padre e ne affidò la direzione al Buontalenti e ad Alessandro Pieroni, ma nel 1587 i lavori dovettero essere ancora abbandonati. Livorno era sempre afflitta dalla malaria, il porto non bastava per i traffici che si svolgevano in mare aperto, poco protetti dal ridosso delle secche della Meloria.
Nel 1582, quando la peste funestò la Toscana, grazie al lazzaretto fatto costruire da Francesco I° al Fanale, fu possibile evitare mali irreparabili allo scalo e all'emporio livornese.



La statua dei 4 Mori a Livorno
con Ferdinando I Medici

Il progetto del nuovo porto

Alla morte di Francesco I° salì al trono Ferdinando I° che, prima di ogni altra cosa, pensò all'incremento economico del suo stato continuando l'opera dei suoi predecessori per fare della Toscana il preminente centro commerciale italiano.
Per realizzare i suoi intendimenti, Livorno venne considerata come l'emporio della Toscana; a tal fine il granduca nominò una commissione di tecnici, uomini

d'arme e di mare, chiamata Consiglio Livornese per progettare una vasta città e un ampio porto. Riprese il vecchio progetto del padre, Cosimo I°, che prevedeva la costruzione del grande porto al Fanale per ospitare 300 navi.
Anche se notizie dell'epoca danno per certa l'utilizzazione da parte di alcune navi del costruendo molo che doveva unire la terraferma al Fanale, i lavori iniziati furono abbandonati. Gli inconvenienti erano sempre gli stessi: innanzi tutto le difficoltà tecniche che, con i mezzi del tempo, erano esorbitanti. Si doveva lavorare in mare aperto, esposti ai venti di libeccio, il problema delle alghe era ancora insoluto.


Ferdinando I

La nuova darsena

Volendo offrire alle sue galere un ricovero immediato e sicuro, Ferdinando I° progettò e fece eseguire con molta sollecitudine un ampliamento della vecchia darsena a mezzogiorno, creando così la nuova darsena.
Dopo aver fatto preparare il banchina mento, il 9 febbraio 1591 il granduca dette l'ordine di iniziare i lavori di vuotatura e di scavo, che vennero eseguiti da un ingente numero di operai, di schiavi e di forzati. In cinque giorni i lavori furono completati e, immessavi l'acqua, poterono accedere le prime galere.


Il ponte ed il forte della Sassaia


La diga della sassaia

Vista l'impossibilità pratica di attuare il porto al Fanale, progetto grandioso che avrebbe dato una dimensione ampia allo specchio d'acqua portuale, Ferdinando I° ordinò di costruire una diga in direzione del forte della Sassaia.
In questo modo lo specchio d'acqua del nuovo porto sarebbe stato più limitato, ma grazie a questa sua costruzione fu possibile al successore dare l'avvio ai lavori per ampliare finalmente il porto.

Costruzioni edilizie

L'incremento di popolazione, voluto dai vari granduchi mediante la concessione di privilegi ed esenzioni, aveva portato ad una importante crescita demografica, facendo passare Livorno dagli 863 abitanti del 1560 agli 8200 del 1609. Ciò impegnò Ferdinando I° in importanti e grandiose opere edilizie.
Allo scopo di evitare le secche e per segnalare l'arrivo dei pirati africani, dopo un referendum fra i capitani di nave fu decisa la costruzione del Fanale della Meloria. Per l'approvvigionamento idrico della città, sotto la direzione dell'olandese colonnello Mayer, fu costruito un acquedotto che portava a Livorno le acque della località Limone. Riconosciuta l'insufficienza del lazzaretto al fanale, per potenziare l'attività commerciale, si rese necessaria la costruzione di alcuni lazzeretti, il più importante dei quali fu quello di San Rocco. Situato non lontano dalla Darsena Nuova era dotato di un canale interno e serviva per lo scarico, il deposito e la quarantena delle merci provenienti dai luoghi infetti.

FINE SECONDA PUNTATA

 
 

IL QUINTOMORO
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