
gli
studi
Goldoni
sedicenne a Milano
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È
noto che Carlo Goldoni, il quale esercitava
l'avvocatura a Pisa, nel 1748 incontrò
a Livorno Gerolamo Medebach, capocomico di una
affermata compagnia di attori, marito dell'avvenente
Teodora, famosa per la sua bravura sul palcoscenico
e per la sua beltà. Si presuppone, anche
se non è provato, che abbia alloggiato
a Montenero, nella casa di quest'ultimo. Qualcuno
sospetta persino che i begli occhi di Teodora
non l'abbiano lasciato indifferente. Fu così,
in ogni modo, che conobbe l'ameno paesino in
cui decise di ambientare la sua "Trilogia
della Villeggiatura".
Scritta e rappresentata nel 1761, è composta
da "Le smanie per la villeggiatura",
"La villeggiatura" e "Il ritorno
dalla villeggiatura". La compagnia Medebach
recitò nell'unico teatro esistente allora
a Livorno, il San Sebastiano, in via delle Commedie.
Di là dall'intrigo d'amore, e dal tema
della passione contrapposta alla razionalità
illuminista, l'argomento della trilogia è
la smania borghese di apparire più altolocati
di quanto non si sia e di quanto non permettano
le reali possibilità economiche. Quindi
si smania per villeggiare a Montenero, per usare
carrozze, servitù, bagagli, carte da
gioco, argenterie, cavalli, candele, prendendo
tutto a credito, nonostante le difficoltà
finanziarie.
Montenero era, infatti, la località prediletta
dagli abitanti di Livorno per passare le vacanze,
nell'immaginario collettivo dell'epoca, doveva
avere connotazioni arcadiche. Ne "Le Smanie"
si accenna al fatto che i protagonisti spendono
più in un mese a Montenero che in un
anno a Livorno, che si può far economia
in città ma non certo risparmiare in
villeggiatura, dove non si deve sembrar meno
sfarzosi degli altri.
Pietro Vigo conferma che Goldoni aveva della
località solo un'idea superficiale e
che non ricordava bene le distanze - oppure,
pensiamo noi, non aveva particolare scrupolo
di verità - poiché descrisse come
lungo e faticoso un tragitto che, dice sempre
Vigo, in carrozza non poteva durare più
di trentacinque minuti.
"Leggendo la trilogia della Villeggiatura
vi si trovano accenni che hanno dato ragione
a molti di negare non solo che il Goldoni abbia
scritto o pensato commedie a Montenero, ma che
vi sia stato anche per poco. E veramente, pur
fatta ragione dei tempi nei quali la città
più piccola e le comunicazioni assai
meno facili e più dispendiose facevano
troppo più seria ed importante di oggi
una gita a Montenero, ci fa meraviglia di leggere
che per venire a questo villaggio i ricchi livornesi
ordinavano i cavalli alla posta e facevano calde
raccomandazioni ai cocchieri, perché
pascessero bene le loro bestie, pagando di tasca
per esser più sicuri . Ci fa meravigliare
e sorridere il leggere la risposta che il signor
Filippo nelle Smanie per la villeggiatura dà
a Brigida sua cameriera che aveva domandato
con chi avrebbe fatto il viaggio da Livorno
a Montenero: Tu andrai, come sei solita andare
in mare in una feluca colla mia gente; dove,
come osserva giustamente il Targioni Tozzetti,
i facoltosi livornesi per questa consuetudine
di mandare i famigli in feluca, avrebbero dovuto,
per un piccolo
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la
putta onorata

la
ritornata di Londra

la
locandiera
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tratto di strada imbarcare e sbarcare i bagagli
e le supellettili dal navicello per poi caricarli
sopra un barroccio che li avrebbe trasportati
sul monte. Sicché sarebbero venuti a sbarcare
ad Antignano e di qui saliti a Montenero, la qual
cosa, aggiungo io, era quasi impossibile in quei
tempi, nei quali mancava la bella e comoda via
detta delle Pianacce, costruita sotto Leopoldo
II, e le comunicazioni fra Montenero ed Antignano
non si facevano che per viottoli o per l'aspra
via della macchia sotto il Monte Burrone, veramente
inaccessibile, pel tratto che più s'accosta
a Montenero, al trasporto di carri, bagagli e
masserizie."
Ed ecco uno stralcio da "Le smanie"
"Sì, è pur troppo vero, chi
vuol figurare nel mondo, convien che faccia quello
che fanno gli altri. La nostra villeggiatura di
Montenero è una delle più frequentate,
e di maggior impegno dell'altre. La compagnia,
con cui si ha da andare, è di soggezione.
Sono io pure in necessità di far di più
di quello che far vorrei. Però ho bisogno
di voi. Le ore passano, si ha da partir da Livorno
innanzi sera, e vo' che tutto sia lesto, e non
voglio, che manchi niente." |