IL
VERO "PONCE" ALLA LIVORNESE
Sveliamo
il giallo del limone dentro quel bicchierino bruciabudella
di
Maurizio Silvestri
Ma
vi siete mai chiesti, cari ponciaioli incalliti
od occasionali, che cosa ci fa quella scorzetta
di limone nella vostra bevanda preferita? No?
Male, siete un po’ superficiali, vi basta
tracannare e bruciarvi le budella. Sì?
E’ già qualcosa ma scommetto che
non sapete la risposta. E volete conoscerla
da noi. Ok, siamo pronti ad accontentarvi ma
vi avverto che rimarrete stupiti.
Ordunque, per svelare il giallo del limone nel
ponce bisogna andare un bel po’ indietro
negli anni.
I
Traffici con gli inglesi
A quando, siamo verso il diciassettesimo secolo,
cominciavano a fiorire i traffici mercantili
con l’Inghilterra. Tempi duri e di pirati
che cantavano “quindici uomini sulla cassa
del morto… e una bottiglia di rum”.
Il rum a bordo era il toccasana per ogni cosa:
curava lo scorbuto, il mal di mare, la malaria
ed il giramento di scatole. Siccome se ne beveva
in abbondanza, i comandanti delle ciurme pensarono
bene di diluire il liquore-toccasana con del
thè, bevanda che agli inglesi non mancava.
E nel thè che cosa ci vuole? Bravi, la
scorzetta di limone. Ma, e il nostro ponce?
Pronti: quando i marinai inglesi cominciarono
a frequentare il porto di Livorno, nell’ambito
degli scambi culturali, di lingua, usi, costumi,
donnacce di porto e qualche coltellata, i livornesi
assaggiarono quella bella becalda che facevano
a bordo, a base di rum, thè e limone.Se
ne innamorarono e decisero di importarla nella
città labronica.
Ma il thè, ahimè era molto difficile
da reperire. Il caffè invece no, visti
i lucrosi traffici intrapresi da tempo con la
terra della Mezzaluna. Così uno degli
elementi del ponce viene sostituito: restano
gli altri due, rum e limone. Ed ecco il nostro
ponce. Soddisfatti? Gli increduli possono provare
la vecchia ricetta a base di thé: noi
l’abbiamo fatto e dobbiamo dire che l’esperimevanda
nto ha dato gradevoli risultati.
.
Buona bevuta da un bevitore di ponci della prima
ora, ovvero da quando “Ir Civili”
aveva la bottega nel quartiere Fabbricotti.
Il
bar Civili in via del Vigna
Quante volte ad ognuno di noi sarà capitato,
dopo una bella mangiata di pesce, magari di
vero cacciucco, prendere e con l’allegra
comitiva recarsi al Bar Civili, in via del Vigna.
Qui, in un locale che trasudalivornesità
da tutte le parti, aperto dalle 8 del mattino
fino all’una dinotte, il ponce è
sempre stato di casa. Bellissimo allora prendere
gli amici, specie se di altri posti e portarli
ad assaggiare “ ‘na ‘osina
”, della quale andar tanto fieri come
se fosse fatta con le nostre mani.
Il ponce, miscela di caffè, rum, scorza
di limone, zucchero e l’ingrediente top
secret, è tramandato in famiglia di generazione
in generazione. In qualche zona di Livorno è
chiamato anche torpedine perché dà
una botta di calore impressionante. La soglia
del Bar Civili certamente è stata varcata
un po’ da tutti, livornesi e non, indipendentemente
dall’età, dal sesso, dalla cultura
e dal ceto sociale.
.
Questo locale storico appare come una galleria
d'arte spontanea per le sue pareti così
quasi totalmente nascoste da quadri, per lo
più tele di Macchiaioli. Vi sono appese
opere di pittori labronici come Filippelli,
Lega, Domenici, Romiti e tanti altri ancora,
tutte messe in ordine sparso, quasi alla rinfusa
oseremo dire, ad accrescere ancora di più
il fascino di questo luogo.
|
|
|