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Regia:
Paolo Sorrentino. Soggetto e Sceneggiatura: Paolo
Sorrentino. Fotografia. Luca Bigazzi. Montaggio:
Cristiano Travaglioli. Musiche: Theo Teardo.
Scenografia: Lino Fiorito. Costumi: Daniela
Ciancio. Trucco: Vittorio Sodano. Durata:
110'. Colore. Produzione: Italia/ Francia. Produttori:
Francesco Cima, Fabio Conversi, Maurizio Coppolecchia,
Nicola Giuliano, Andrea Occhipinti. Case di Produzione:
Indigo Film, Lucky Red, parco Film, Babe Film. Distribuzione:
Lucky Red. Interpreti: Toni Servillo, Anna Bonaiuto,
Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio
Colangeli, Alberto Cracco, Piera Degli Esposti, Lorenzo
Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo
Popolizio, Aldo Ralli, Cristina Serafini, Giovanni Vettorazzo.
Premi: Premio della Giuria, Cannes 2008.
Miglior Attore a Toni Servillo, European Film
Awards 2008, 7 David di Donatello 2009: attore
protagonista (Servillo), attrice non protagonista
(Degli Esposti), direttore della fotografia, musicista,
truccatore, acconciatore e effetti speciali visivi.
5 Ciack d'Oro, 4 Nastri d'Argento 2009, 7 Premi Bif&st
2009, 2 Loma 2009.
Non
amo il cinema di Paolo Sorrentino (Napoli, 1970),
neppure i temi che affronta con la sua scrittura mi
appassionano più di tanto. Ritengo che sia
uno dei registi italiani più sopravvalutati
degli ultimi anni, anche se possiede tecnica e gusto
per le immagini, oltre a essere un buon direttore
di attori. Ero un po' prevenuto affrontando la visione
de Il divo, pellicola che ho visto per intero solo
nell'onda emotiva della scomparsa di Giulio Andreotti,
dopo aver letto molti articoli sulla vita di un uomo
politico che ha attraversato cinquant'anni di storia
italiana. In definitiva sono rimasto abbastanza soddisfatto
dai contenuti di un film eccessivamente esaltato dalla
critica e premiato sino all'inverosimile, non tanto
per le qualità cinematografiche (inesistenti),
quanto per i contenuti documentaristici. Sorrentino
ricostruisce la vita di Andreotti trattandolo come
se fosse un robot privo di sentimenti, ricorrendo
a un'interpretazione grottesca di Toni Servilo, truccato
in maniera perfetta. Andreotti si esprime per frasi
storiche, prelevate dagli aneddoti che il politico
ha pronunciato nel corso degli anni, si presenta come
un uomo senza scrupoli, interessato al potere, incapace
di amare e di provare sentimenti, tormentato dal ricordo
della morte di Aldo Moro. Non ci stupiamo che a suo
tempo Andreotti rifiutò di vedere il film a
Cannes insieme al regista e che si stizzì non
poco dopo averne appreso i contenuti. Nonostante tutto
- come suo stile - non querelò nessuno, anche
se avrebbe avuto motivi in abbondanza, lasciando piena
libertà di espressione al regista. La costruzione
del film sposa senza riserve le ipotesi di connivenza
mafiosa di Andreotti, oltre a colpevolizzare il politico
per una lunga serie di malefatte legate alla prima
repubblica, delitto Moro compreso. Punto di forza
della pellicola è la somiglianza degli attori
ai protagonisti della vicenda storica, a partire da
uno straordinario Toni Servillo, giustamente premiato.
Bravi anche Flavio Bucci nei panni del gaglioffo Evangelisti,
Carlo Buccirosso come Cirino Pomicino e Anna Bonaiuto,
moglie di Andreotti. Esagerati i premi, una vera pioggia
di riconoscimenti, per un pellicola che ha poco a
che vedere con il cinema, ma resta un'interessante
docufiction. Il difetto più evidente del lavoro
di Sorrentino è la poca obiettività,
perché il regista sposa una tersi e la porta
alle estreme conseguenze, senza concedere nessuna
attenuante al protagonista. Ne viene fuori un Andreotti
- Belzebù, protagonista negativo di tutte le
nefandezze della prima repubblica, ma soprattutto
un personaggio grottesco, irreale, quasi un fumetto
satirico di se stesso. Il personaggio di Giulio Andreotti
visto da Sorrentino sembra una raffigurazione estrema
delle vignette di Forattini, orecchie a punta, posa
rigida, curialesca, grandi occhiali, mani che si muovono
e corpo fermo sul tronco. Manca la poesia e un po'
di partecipazione empatica agli eventi, il risultato
è sin troppo freddo per coinvolgere le spettatore.
Questo Andreotti è troppo brutto per essere
vero, si finisce per provare simpatia per il vero
protagonista che viene fatto oggetto di critica feroce
da parte del regista. Per quel che riguarda il cinema,
non l'abbiamo visto. Forse i critici dal palato fine
sono molto più bravi di noi a individuare lo
specifico filmico. Viene da dire a viva voce: Ridateci
Elio Petri.
Gordiano
Lupi - www.infol.it/lupi
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