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Gordiano
Lupi presenta:
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Marlene
Castagnini
tredicenne piombinese
che ama la danza e la scrittura
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Marlene
Castagnini, per gli amici Nene, è nata
(beata lei) il 26 maggio del 2000, a Piombino,
dove risiede. Frequenta le scuole medie, nel tempo
libero si diletta con la danza e la scrittura,
compone poesie e brevi racconti di taglio onirico
- fantastico. "Ho iniziato
a scrivere lo scorso inverno. La scrittura mi
ha fatto provare un senso di leggerezza e di libertà",
dice. |
Marlene
deve ancora crescere, certo, non è una
scrittrice nel vero senso della parola, ma è
una ragazza che si diletta a usare le parole,
cercando di imbastire una trama sufficientemente
articolata. Il breve racconto che segue ci porta
nel centro storico di Piombino, a contatto con
lo struscio dei ragazzini, nel pieno di una
storia fantastica, a tratti persino horror,
con un imprevedibile virata romantica. A mio
parere è un buon inizio per Marlene,
se si considera che non ha ancora compiuto 13
anni. Voi che ne dite?
(Gordiano Lupi)
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Pomeriggio
d'estate
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Un
sabato pomeriggio d'estate, caldo e tranquillo, mi ero
data appuntamento con i miei amici davanti al nuovo
negozio di vestiti del centro. Arrivai per prima, feci
passare i minuti fissando un paio di meravigliosi leggins
leopardati che tanto desideravo. Ero così assorta
che non sentii neppure arrivare il resto del gruppo,
nonostante i ragazzi urlassero e si prendessero in giro.
Sabrina mi abbracciò alle spalle. Mi voltai.
Vidi che si erano riuniti davanti al negozio, si rincorrevano
e, come spesso accadeva, si prendevano gioco delle persone
anziane.
-Siamo tutti? - chiesi a Sabrina.
- Tutti. Ginevra non viene. È dal dentista. Alessandro
è malato.
-Bel modo di passare una giornata come questa - ironizzai
- Andiamo ragazzi. Siamo tutti!
-Ciao Marina!- gridò Giacomo. Lui per me era
qualcosa in più di un amico. Mi piaceva. Era
un bel ragazzo dai capelli crespi, castani, i suoi occhi
color smeraldo erano uno spettacolo.
- Quando sei arrivata? - mi chiese perplesso.
- Molto prima di te, sicuramente!- dissi abbracciandolo.
Fra una battuta e l'altra, cominciammo lo struscio in
Corso Italia, urlando come idioti. Giunti alla fortezza
del Rivellino, decidemmo di andare nella piazzetta di
Marina. Mi piace l'atmosfera di Marina: è un
posto tranquillo, in riva al mare, e poi il tramonto
è un vero spettacolo. Inoltre si chiama proprio
come me!
Arrivati sul posto subito ci rendemmo conto che le panchine
erano libere e che la fontana era vuota. La fontana
di Marina non è come tutte le altre. Non sembra
una piscina formata dagli zampilli d'acqua. No davvero.
Pare una piccola struttura in metallo fatta apposta
per mettersi a sedere. Corremmo a prendere i posti migliori.
Restammo quasi mezz'ora seduti a scherzare, fino al
tramonto del sole. Ci gustammo il breve spettacolo,
quindi tornammo verso il corso, passando per piazza
Bovio. Fu in quel momento che un amico propose: - Facciamo
un salto alla Tolla! -. L'idea non mi andava per niente
a genio. Sapevo bene che voleva andare a vedere una
casa che tutti consideravano infestata.
- Non è una buona idea. Non è prudente
andare laggiù, specie adesso che è buio
- dissi. Mascherai il nervosismo e aggiunsi: -Perché
non restiamo un po' in giro? Magari andiamo all'Euronics
e proviamo i televisori in 3D…
- No davvero. Non voglio perdere l'opportunità
di andare alla Tolla. Ci sarà da divertirsi.
- disse Giorgio con sarcasmo.
- Certo, magari potresti essere travolto dal crollo
della casa! - risposi. Cercavo ogni scusa per non andare
in quel posto. Non sono un tipo pauroso, ma la Tolla
non mi piace, è un posto che odio. Gli amici
che c'erano andati, raccontavano cose spaventose e raccapriccianti
sul conto di quella casa. Verità? Fantasia? Non
lo sapevo ma non volevo verificare di persona.
Le mie lamentele furono inutili. Andammo alla Tolla.
Quando fummo vicini alla casa ci trovammo davanti una
grande rete di metallo e filo spinato. "Meno male,
così non potre...". Non terminai la frase.
Andrea alzò la rete e indicò un piccolo
passaggio.
-Muoviamoci. Non abbiamo molto tempo!- disse guardandosi
intorno-
Entrammo tutti. Andrea e Giorgio estrassero alcune torce.
Lo sapevo che quei due erano d'accordo!
-Tenete- disse Giorgio porgendo le torce- Ci divideremo
in gruppi: Marina, Giacomo e io staremo al piano di
sotto, gli altri, invece, con Andrea. Mi raccomando:
restate uniti! -
Disse queste parole con tono di superiorità.
Mi faceva così rabbia che gli avrei tirato un
ceffone! Passammo sotto un corridoio naturale composto
da alberi secolari e raggiungemmo la porta della casa.
Andrea si avvicinò con fare spavaldo e spinse
la porta che si aprì cigolando. Entrammo lentamente,
mentre il pavimento di legno, reso logoro dal tempo,
scricchiolava sotto i nostri passi.
-Seguitemi- disse Andrea al suo gruppo - Andiamo piano.
-Noi invece andiamo di qua - disse Giorgio indicando
una stanza buia- E restiamo uniti!
-L'hai già detto! Non siamo mica scemi!- dissi.
"Soltanto un gruppo di idioti come noi possono
entrare in una casa come questa...", pensavo. Il
mio ragionamento fu interrotto da strani rumori. Mi
venne la pelle d'oca, diventai pallida e iniziai a mordermi
il labbro inferiore, come mi accade sempre quando sono
nervosa.
-Andiamo a vedere- disse Giorgio cercando di fare il
grande. Ma la sua voce tremante lo tradiva. Ci avvicinammo
alla stanza dalla quale proveniva lo strano rumore e
aprimmo la porta.
La stanza era vuota. C'era solo un tavolo con un grammofono
che suonava!
-Bimbi, voglio uscire!- dissi terrorizzata.
-Aspetta un secondo. Voglio capire cosa succede- fece
Giorgio, perplesso.
-No! Voglio uscire! Fosse l'ultima cosa che faccio!-
A Giorgio non importava quel che dicevo. Continuava
ad avvicinarsi. Illuminò il grammofono, ma non
vidi nulla perché lui mi faceva ombra con il
suo corpo. A un tratto, senza un motivo apparente, si
fermò e iniziò a tremare. La sua reazione
mi fece paura. Mi avvicinai. Lentamente. Quando gli
fui accanto, posai la mia mano sulla sua spalla e gridai
come una dannata.
Il grammofono sputava sangue! La stanza grondava sangue,
un liquido denso, rosso e puzzolente. Il sangue mi bagnava
persino le scarpe.
-Usciamo subito!- urlai tirando via Giorgio- Sabri!
Uscite immediatamente, svelti!
Uscimmo dalla stanza. Sabri e gli altri erano scesi
spaventati.
-Che succede?- chiese Andrea nervoso.
-Non c'è tempo per le spiegazioni, scappiamo!-
urlò Giacomo correndo ad aprire la porta.
Ma dopo aver fatto qualche tentativo, iniziò
a balbettare:- Ra-a-gaz-zi-si-a-m-ochi-usi!-.
-Tranquillo- gli dissi -Usciremo da qui! Giorgio, Andrea
afferrate quelle tavole di legno e sfondate la finestra!-
dissi prendendo in mano la situazione. Si unirono Sabrina
e gli altri per dare man forte, mentre io cercavo alcune
pietre per sfondare la finestra.
Andrea riuscì a rompere il vetro.
-Forza!Tutti fuor...- ma non finì la frase. Dalla
stanza dove avevamo trovato il grammofono uscì
una persona: era malconcia, aveva la barba e i capelli
lunghi. Sembrava un barbone. Ma i barboni di solito
non brandiscono pistola e coltello per ucciderti.
-Non uscirete più, mi dispiace - disse con voce
roca.
Sabrina gridò terrorizzata gettandosi dalla finestra.
Tutti gli altri la seguirono. Io restai per ultima,
subito dopo Giacomo. Quando lui uscì, mi lanciai
senza pensare. Ero quasi fuori quando qualcuno mi afferrò
per il braccio.
-Lasciami!- urlai con le lacrime agli occhi.
- Non posso - disse il vecchio alzando il braccio che
brandiva il coltello, pronto a colpirmi.
-La prego, non mi faccia del male. Non dirò niente!-
supplicai, piangendo lacrime di terrore. "Addio
mondo. Accidenti a me e quando ho accettato di venire...",
pensai. Mi preparavo a una morte lenta e dolorosa. Ma
il colpo non arrivò. Svenni, dopo aver udito
uno strano rumore, ma quando aprii gli occhi vidi il
barbone disteso in terra, mentre ero tra le braccia
di Giacomo e correvamo verso l'uscita. Al recinto, passai
sotto la rete. Aspettai Giacomo, che mi prese per mano
e mi portò via. Arrivammo a casa sua, approfittando
del fatto che i genitori erano fuori, salimmo e mi fece
cambiare. Indossai una sua felpa sopra i miei pantaloni
verdi. Ero ancora scossa dall'accaduto ma accanto a
lui mi tranquillizzai facilmente.
-Vorresti uscire?- mi chiese.
-Non so. Sono terrorizzata. Vorrei restare ancora un
po' qui...
-Non c'è problema- disse, sedendosi con me sul
letto. Poi mi passò il braccio attorno la schiena.
Mi voltai lentamente e lo guardai negli occhi. I suoi
splendidi occhi.
-Sei così bella - mi disse. Poi si avvicinò
e mi baciò.
Niente fu come mi ero immaginata. Era tutto più
bello, più dolce. Più reale. Nonostante
i fatti orribili di un'assurda giornata, riuscii a non
pensare a niente, lasciando spazio solo a cose piacevoli.
Passai l'intero pomeriggio in estasi. Eravamo soltanto
noi. Io e Lui.
Marlene
Castagnini
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