Fabrizio De André
Pier Paolo Pasolini
Lucio Dalla
Enzo Jannacci
Luigi Tenco
Alberto Moravia
Cesare Pavese
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Lo
scrittore sfigato è un animale che pascola
normalmente nel giardino delle patrie lettere,
ne incontriamo a branchi un po' ovunque, a dire
il vero, di solito frequenta festival del libro
di provincia dove lo scambiano per un venditore
di tappeti, ma quelli sono certi editori, non
vi sbagliate, ché questo mondo editoriale
è pieno di venditori di tappeti. Lo scrittore
sfigato io lo incontro spesso, un altro me stesso
nello specchio d'un caffè quando mi sveglio
la mattina, ma non parliamo di casi personali,
ché non sta bene, come disse il cornuto
trovando la moglie a letto col ganzo. |
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Lo scrittore sfigato esiste, ragazzi miei, di solito
non scrive mica capolavori, è un mediocre come
tanti, ma spesso gli girano le balle perché vede
intorno un sacco di mediocri che pubblicano merda diffusa
da editori importanti. Vale anche per il cinema, chiaro.
Ci sono anche registi sfigati, frustrati dal successo
di gente che girano un cazzo di film inguardabile, palloso
come pochi, un Fellini - trash in piena regola, ma lo
vendono in tutto il mondo e il pubblico lo va persino
a guardare. Come faranno? pensa il regista sfigato?
C'avranno il tocco di Re Mida? E come mai quel che tocco
io diventa merda? Badate bene, mica merda d'Autore -
ché quella è merda d'autore - no, merda
di sfigato, che non la vuole nessuno.
Lo
scrittore sfigato, di solito scrive cose che nessuno
chiede, ma lui dice che non scrive per il mercato,
scrive solo se ispirato, se ha qualcosa da dire,
cazzo, mica è Moccia lo scrittore sfigato,
vendere o no, non passa tra i suoi rischi, come
diceva un tale che ora pure lui non canta più,
pare. Lo scrittore sfigato ha visto morire tutti
i punti di riferimento, poveraccio, ha sempre
meno voglia di scrivere, magari avrebbe voglia
di andare a piangere sulla tomba di De André,
Pasolini, Dalla, Jannacci, Tenco, Moravia, Pavese,
Cabrera Infante, in ordine sparso, oppure su quella
di suo padre, ché non ci va mai e un po'
si sente in colpa, anche se suo padre lo incontra
ogni giorno al bar del giardino sul mare, prendono
insieme il caffè, come un tempo. |
Guillermo
Cabrera Infante
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Lo
scrittore sfigato non sono io, non vi fate illusioni,
non sto qui a menarvela con l'autobiografia, la cosa
peggiore per lo scrittore sfigato, una cosa da super
sfigato, secondo Giulio Mozzi non si deve mai fare.
Lo scrittore sfigato non è diplomatico neppure
un pochino, se legge merda scrive una recensione dove
dice ho letto una merda, se va al cinema e intoppa in
uno di quei registi, idem, che cazzo gliene frega allo
scrittore sfigato di entrare nel circolo buono dei raccomandati,
gli scrittori travestiti da critici che scrivono sui
giornali importanti e di solito parlano bene l'uno dell'altro?
Tutto va in malora, è sempre andato in malora,
leviamoci il gusto d'essere sinceri, almeno, evitiamo
di leccare il culo al potente di turno, non prendiamo
a calci scatole vuote, ché son buoni tutti, ma
scatole piene, tronfie d'arroganza. Mi sta simpatico
lo scrittore sfigato, lo sento vicino come un fratello
spirituale, povero animale in via d'estinzione, scrive
e nessuno lo caca, nessuno lo legge. Lo scrittore sfigato
finisce quasi sempre a fare il traduttore, classico
mestiere da sfigati, ché capita pure di leggere
critiche tipo la prosa di questo romanzo è stupenda
e non si cita nemmeno il traduttore che un po' di fatica
l'avrà fatta a rendere la prosa stupenda in un'altra
lingua, non ha mica usato il traduttore di Google. Traduci
oggi traduci domani, magari lo scrittore sfigato s'imbatte
in un fenomeno editoriale, uno che nessuno conosceva,
lo porta in Italia, lo fa conoscere al mondo, s'innamora
della sua prosa, dedica buona parte della sua vita alla
scoperta che ha fatto. Lo scrittore sfigato pensa d'essere
importante, magari crede che il fenomeno editoriale
diventato famoso in Italia grazie al suo lavoro gli
sarà riconoscente, un giorno. Non è mica
così semplice, caro scrittore sfigato, ché
il mondo è pieno di gente non sfigata che capisce
le cose al volo, toglie le castagne dal fuco allo scrittore
sfigato. Finisce che il fenomeno editoriale pubblica
per grandi editori, scrive per tante riviste e alla
fine trova un agente che guadagna il venti per cento
su tutte le cose che lo scrittore sfigato ha creato
per il fenomeno editoriale. Un bel giorno lo scrittore
sfigato si sente chiamare, gli dicono tu che ci fai
in questo mondo, mica è un ambiente per scrittori
sfigati, qui siamo nell'overground, tu sei un dilettante,
torna a tradurre Padilla e Piñera che sono morti,
al resto pensiamo noi, questa è una cosa da manager,
mica da sfigati. Vanno così le cose allo scrittore
sfigato, la sua è una storia povera, piccola
e triste, ma lui si accontenta di scrivere in solitudine,
si entusiasma quando s'imbatte in libro che nessuno
ha tradotto, va in estasi leggendo la poesia di scrittori
sconosciuti, s'incazza solo quando incontra gli stronzi,
purtroppo gli capita spesso, povero scrittore sfigato.
Manda affanculo il mondo, lo scrittore sfigato. Va da
sé che il mondo manda affanculo lui, ma sono
i casi della vita. Perde sempre lo scrittore sfigato,
ma perdere ogni tanto c'ha il suo miele, diceva una
canzone di mille secoli fa, e se dicono che vinco stan
mentendo. E poi levatevi tutte le idee strane che vi
siete fatti leggendo questa specie di racconto che qualcuno
userebbe come carta igienica e qualcun altro ci farebbe
pisciare sopra il suo cane, tanto per citare Crozza.
Non sto mica parlando di me. La prima cosa che uno scrittore
(sfigato o non sfigato) non deve mai fare è raccontare
i cazzi suoi, si chiama scrittura ombelicale, e ai corsi
di scrittura lo dicono tutti che non va bene.
Ora
voi lo sapete quanto apprezzi i corsi di scrittura,
c'ho scritto una trilogia dello scazzo su questa
cosa del mio rapporto con le scuole di scrittura,
lo so che non l'avete letta, ma procuratevela,
si trova ancora e costa poco. Insomma, si diceva,
che io non c'entro niente con lo scrittore sfigato,
io lavoro in banca, anzi, come diceva Poldo Sbaffini
nei fumetti di Braccio di Ferro scritti da quel
genio di Seegar, io mi chiamo Jones, sono uno
dei fratelli Jones.
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E
in fondo dello scrittore sfigato m'importa
poco, penso che un fesso debba fare una
fine da fesso, ché come diceva Alberto
Sordi ne "Il marchese del Grillo",
io so io e voi non siete un cazzo.
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Tutto
il resto sono Moccia e Dan Brown.
Gordiano Lupi, 8 giugno 2013 |
Poldo
Sbaffini
il personaggio amico
di Braccio di Ferro
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