Emilio Guardavilla
marinaio, scrittore arenato a Piombino
Emilio Guardavilla
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Emilio
Guardavilla vive e lavora a Piombino anche se è
nato nel cuore della Maremma. Attualmente, dopo vent'anni
di mare, oltre la metà come Commissario di Bordo,
conduce una vita regolare sostentata da un lavoro sedentario
nell'ambito della siderurgia e allietata dai suoi due
passatempi preferiti: scrittura e cucina. Collabora
con la rivista Costa Etrusca dove scrive articoli di
cronaca, attualità e recensioni. Ha pubblicato
due libri: Il lessico della Talassa - Mille voci da
un popolo di navigatori, santi e poeti (Graus 2009)
e Uomo a mare (Del Bucchia, 2012). In questo racconto
- poetico ed evocativo - Emilio Guardavilla tratteggia
un dialogo tra due persone, a tratti surreale, a tratti
concreto, un colloquio tra un ascoltatore e un affabulatore.
Non è difficile intravedere nel secondo ruolo
l'autore del racconto, per molti anni lontano dalla
sua terra, che ricorda il tempo passato navigando sul
mare, incontrando uomini, donne, ricette e nuovi paesaggi.
Nelle parole del personaggio c'è la narrazione
incantata di un'esistenza, vissuta con il desiderio
del ritorno, adesso realizzato, con la tazzina di caffè
tra mani, al tavolo di un bar, davanti a un vecchio
amico, mentre osserva il mare, antico amore della sua
vita. (Gordiano Lupi)
Dov'eri
quando non c'eri?
- Dov'eri quando non c'eri?
- Ero via da qui. Ero via da te. Ero via da tutto.
Ero dove tutto è via. Lontano da dove sono
nato, lontano da dove sono stato. Molto lontano da
come sono sempre stato. Sono stato giovane, adulto
e vecchio quando ero là. Poi sono diventato
io, quello di ora, un vecchio ragazzo, anziano con
il cuore giovane; e non sono più cresciuto.
Assomiglio poco tanto a mio padre quanto a mio figlio;
loro due si assomigliano di più. Io sono in
più. Io sono più vecchio del primo e
più giovane del secondo; meno adulto di entrambi,
più triste e più felice di entrambi.
Dove ero io ero sempre solo; insieme a me c'ero solo
io. Non c'era né mio padre né mio figlio,
nemmeno quando pensavo che fossero lì con me.
Né quelli che non ho più, quelli che
sono stati sempre insieme a me da quando se ne sono
andati. Con me non c'erano né vivi né
morti. Dove ero io c'erano persone che respiravano
e che gli batteva il cuore però non erano vivi.
Dove ero io i padri e figli non si distinguono perché
fanno tutti le stesse cose e dicono tutti le stesse
parole. I padri lavorano con i figli degli altri e
i figli parlano con i padri degli altri come se fossero
davvero padri e figli. Io sono stato padre di figli
che non parlavano neanche la mia lingua e allo stesso
tempo sono stato figlio di padri che non parlavano
per niente. Ho imparato a rispondere ai loro silenzi
con frasi sempre più corte, con sempre meno
parole e parole con sempre meno sillabe. Dove ero
io i padri e i figli facevano finta di non essere
tristi e la domenica mattina si sorridevano anche.
Invece erano tutti in un mare di guai, brutto e grosso
come quello che avevano sotto il letto dove non dormivano
mai. Dove ero io il mare era attaccato al cielo e
non si capiva dove finiva uno e cominciava l'altro
perché erano sempre dello stesso colore. Erano
di un colore che non era mai blu. Tutti avevano paura
delle paure che li avevano fatti andare via da casa.
Tutti avevano paura del mare e del cielo e anche io
ma loro sembrava che ne avessero meno di me. Lo soffrivano
anche loro ma ne soffrivano meno di me e non ne parlavano
mai. Neanche io ne parlavo mai ma avevo tanta voglia
di parlarne con qualcuno però nessuno voleva.
Io ho paura del mare anche ora che lo vedo da lontano.
E quando penso che il mare è lontano ho paura
lo stesso.
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Certe
notti me lo sogno e quando lo sogno non è mai
brutto ma nel sogno ho paura lo stesso perché
penso che possa diventare brutto. Dove ero io non
ho mai sognato un sogno. Dove ero io, quando dormivo,
non ho mai sognato niente, nemmeno di non essere lì.
Dove ero io dormivo vestito per non perdere il tempo
della veglia e con il salvagente come cuscino per
non perdere il tempo del sonno. Dove ero io il sonno
non avvertiva, arrivava all'improvviso senza farsene
accorgere e poi mi scaraventava così lontano
che quando mi svegliavo non mi sembrava nemmeno di
aver dormito. E la mattina che seguiva era piena di
buongiorno incerti e senza speranza fino al pomeriggio
e anche di sera perché dove ero io a qualsiasi
ora c'era qualcuno che si era appena svegliato. Prima
di prendere sonno pensavo sempre a qualcosa da mangiare
anche se non avevo fame. Dove ero io si mangiava bene,
si mangiava e si beveva tutto con lo stesso sapore.
Quel sapore non lo so che sapore era però era
un sapore che mi piaceva e allora ne mangiavo tanto
e ne bevevo tanto. Però non sono ingrassato,
forse ho perso qualche chilo e ho sviluppato i muscoli
di sopra; forse anche quelli delle gambe, non lo so.
Ero in forma. Quando ero lì sono fatto i crescere
i baffi per sembrare più grande. Mi sono fatto
i crescere i baffi per sembrarmi più grande.
Mi guardavo allo specchio e con i baffi credevo di
più a quello che mi dicevo e a quello che facevo
perché me lo diceva uno con l'aspetto da grande.
Dove ero io la barba me la facevo col sole alto perché
prima non volevano che me la facessi. Forse perché
portava male o perché non stava bene agli occhi
di loro. Io facevo come dicevano loro, come dicevano
quelli più anziani di me. Poi piangevo. Dove
ero io, quando non lavoravo e ero da solo, molte volte
piangevo. Ora piango molto meno ma appena posso lo
faccio anche qui. Dove ero io piangere era più
facile, avevo più tempo e un posto tutto per
me dove poterlo fare. Lo decidevo io quando piangere
o quando ridere; ero padrone di piangere e ridere
quando volevo io ma di ridere mi succedeva sempre
di meno. Ridevo di cose che non facevano ridere nessuno.
Piangevo per cose che non facevano piangere nessuno.
Piangevo perché piangendo ero veramente io
e non quello che vedevano gli altri. Mi sentivo meglio
perché mi riconoscevo e tornavo a essere io
anche se per poco; anche con questi baffi che non
mi fanno sembrare me per niente. Non lo so se gli
altri piangevano, secondo me piangevano anche loro
ma non so se piangevano per dolore o per gioia. Io
piango per gioia e per dolore anche se non so ancora
riconoscere quando piango per una cosa o per l'altra.
Dove ero io c'erano anche donne, tutte senza età
e senza sorriso. Le donne che c'erano dove ero io
sorridevano solo con la bocca, non le ho mai viste
sorridere con gli occhi. Erano donne senza malinconia,
belle e brutte ma senza malinconia. Donne belle e
brutte col sorriso e con gli occhi muti. Erano donne
con lo sguardo in bianco e nero come il pavimento
di quella terrazza sul mare laggiù.
- Per me un caffè.
- Per me un caffè basso.
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