FILMOGRAFIA
:. La bella vita (1994)
:. Ferie d'agosto (1996)
:. Intolerance (1996)
:. (episodio "Roma
Ovest 143")
:. Ovosodo (1997)
:. Baci e abbracci (1999)
:. My nime is Tanino (2001)
:. Caterina va in città (2003)
:. N (Io e Napoleone) (2006)
:. Tutta la vita davanti (2008)
:. L'uomo che aveva picchiato la testa
:. (2009) (doc.)
:. La prima cosa bella (2010)
:. Tutti i santi giorni (2012)
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Virzì,
un romanziere prestato al cinema
Paolo
Virzì nasce nel 1964 a Livorno, città
di mare ricca di ironia, la Napoli del Centro Italia,
una fetta di meridione capitata per caso vicino a
Firenze. Livorno è importante per la formazione
culturale di Virzì, per quel che dice, per
le storie che si porta dentro e che ci racconta con
delicata maestria. Il regista nasce nel quartiere
popolare delle Sorgenti, cresce con la passione della
letteratura, delle storie di vita quotidiana raccontate
nei romanzi di Mark Twain e Charles Dickens. Il romanzo
di formazione è nel suo futuro di intellettuale,
di regista che rivitalizza e rinnova i canoni della
commedia all'italiana. Francesco Bruni è suo
sodale sin dai tempi del liceo, con lui comincia a
scrivere per alcune filodrammatiche e coltiva il sogno
del cinema. Virzì si trasferisce a Roma, studia
al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si
diploma in sceneggiatura con il maestro (in tutti
i sensi) Furio Scarpelli. Tra i suoi autori di riferimenti
va citato anche Gianni Amelio, che gli insegna i trucchi
del mestiere al Centro Sperimentale. Collabora alla
sceneggiatura di Tempo di uccidere di Giuliano Montaldo
(1989), Turné di Gabriele Salvatores (1990),
Condominio di Felice Farina (1990), Centro storico
di Roberto Giannarelli. Esordisce alla regia con La
bella vita (1994), dove racconta la vita problematica
di Piombino alle prese con la crisi della siderurgia.
Il film viene presentato a Venezia e ottiene il Ciak
d'Oro come nuova proposta italiana. Non solo: Sabrina
Ferilli ottiene il Nastro d'argento come migliore
interprete femminile dell'anno. Il titolo in lavorazione
è Dimenticare Piombino. Realizza Ferie d'agosto
(1996), che racconta la difficile convivenza sull'isola
di Ventotene di due gruppi di turisti italiani in
vacanza. Questo film si aggiudica il David di Donatello.
Nel 1997 è la volta di Ovosodo, scritto dal
maestro Furio Scarpelli e sceneggiato come sempre
da Virzì e dall'ottimo Francesco Bruni. Ovosodo
vince il Gran Premio Speciale della Giuria al Festival
di Venezia e il Ciak d'oro per la migliore sceneggiatura
ed è uno dei titoli italiani di maggior successo
della stagione. Ovosodo consacra la grandezza di Paolo
Virzì e della sua factory tutta livornese (o
quasi) composta da autori e attori semi professionisti,
ma eccezionali. Nel 1999 Virzì gira Baci e
abbracci, un'altra commedia tragicomica con protagonisti
un gruppo di disoccupati che si inventano allevatori
di struzzi nelle campagne della Val di Cecina. Il
film convince critica e pubblico ed entra in competizione
al Festival di Locarno. Nel 2001, dopo vicende difficili
legate al fallimento della produzione Cecchi Gori,
esce finalmente l'ottimo My nime is Tanino, un film
fuori dalle corde di Virzì, girato tra la Sicilia
e New York. La mano del narratore e del grande Francesco
Bruni tuttavia si sente ancora. Caterina va in città
(2003) è un buon lavoro non compreso fino in
fondo dalla critica. Il regista con mano delicata
traccia pregi e difetti dell'Italia di oggi, tra una
destra di governo, una sinistra indecisa e la povera
gente che si sente sempre più abbandonata.
Passano tre anni per rivedere Virzì all'opera,
ancora una volta con una pellicola girata a Piombino:
N (Io e Napoleone) (2006), che rappresenta l'Isola
d'Elba ai tempi dell'esilio dell'imperatore francese,
ma la location sono le fonti dei Canali di Marina
e il centro storico piombinese, giudicato più
idoneo e meglio conservato, ideale per restituire
il colore del tempo. Il film è un adattamento
del romanzo omonimo di Ernesto Ferrero, risulta piacevole,
ma non è tra le cose memorabili del registra
livornese, non troppo tagliato per le commedie in
costume. Monica Bellucci fa girare la testa ai piombinesi
per il periodo in cui si trattiene in città.
Tutta la vita davanti (2008) è un film politico,
azzeccato per tempi comici e amarezza di fondo, che
affronta il problema del lavoro, dei ragazzi sottopagati
sfruttati all'interno di infimi call center. Sabrina
Ferilli, Isabella Ragonese e Micaela Ramazzotti sono
le mattatrici di una pellicola galeotta che fa incontrare
il regista con l'amore della sua vita. Una commedia
realistica interpretata da donne.
Virzì vince il Premio Sergio Leone alla carriera,
assegnato dal Festival di Annecy nel 2008, gira L'uomo
che aveva picchiato la testa (2009), un documentario
sull'amato Bobo Rondelli, cantautore livornese underground
poco noto al grande pubblico. La pellicola è
prodotta dalla sua casa di produzione, Motorino Amaranto,
fondata nel 2001, che produce anche La prima cosa
bella (2010), forse il suo miglior film, sospeso tra
ricordi del passato, ricerca del tempo perduto e sogni
di un futuro migliore. Un bel cast composto da Micaela
Ramazzotti (fresca sposa del regista), Valerio Mastandrea,
Claudia Pandolfi, Stefania Sandrelli e Marco Messeri.
Le vicende di una famiglia livornese e di una madre
bellissima (Ramazzotti e poi Sandrelli), dagli anni
Settanta a oggi, che condiziona la vita dei figli,
soprattutto di Bruno, che torna a Livorno per starle
accanto negli ultimi giorni di vita. Diciotto candidature
al David di Donatello. Tre successi: sceneggiatura
(Virzì, Bruni e Piccolo), attrice protagonista
(Ramazzotti) e attore protagonista (Mastandrea). Nastro
d'Argento a Taorimina, come miglior film dell'anno.
Tutti i santi giorni (2012) è l'ultimo lavoro
di Virzì, purtroppo non all'altezza del precedente,
un passo indietro per il regista livornese che gira
una storia paradossale, ispirata al romanzo La generazione
di Simone Lenzi. La cosa più bella della pellicola
è la colonna sonora, composta dalla protagonista
Thony, del tutto fuori ruolo come attrice. Luca Marinelli
nei panni di Guido salva il film a livello di recitazione,
ma può fare poco di fronte a una storia improbabile
che finisce per diventare irritante mano a mano che
scorrono le immagini. Il desiderio di maternità
è il tema conduttore, ma è trattato
in maniera troppo sopra le righe e ai limiti della
farsa per risultare interessante.
Paolo Virzì è il maestro della nuova
commedia all'italiana, quella di Furio Scarpelli e
di Age, fatta di storie e di personaggi, non certo
la commedia scollacciata e ridanciana che non fa pensare.
I migliori film di Virzì sono ambientati in
provincia, costituiscono un'epopea livornese dei ceti
più umili, degli sconfitti che lottano senza
speranza ma che sanno pure stemperare le difficoltà
in un sorriso liberatore.
Parlare di Virzì vuol dire anche affrontare
il problema di cosa voglia dire per lui essere oggi
un uomo di sinistra.
"La mia sinistra è un connubio tra l'allegria
popolare e le tematiche alte, ma soprattutto deve
essere unita e non elitaria" ha detto a Il Tirreno
di Livorno in un'intervista rilasciata a Mario Lancisi,
il 18 novembre del 2003. Paolo Virzì è
contro chi ha creato un Ulivo-chic e partendo dall'esempio
della sua Livorno mezza rossa e mezza anarchica attacca
l'intellettualismo girotondino di Nanni Moretti e
il politichese di Fabio Mussi. C'è già
chi lo ha definito l'anti-Moretti, ma lui non vuole
essere contro nessuno, caso mai si sente propositivo
e non è abituato a esibire la sua persona.
Virzì viene da simpatie giovanili per gli anarchici,
ha frequentato la sede di via Ernesto Rossi e il piccolo
bar dei vecchietti reduci dalla guerra di Spagna del
1936. Per il giovane Virzì l'anarchia è
il comunismo libertario, le canzoni di De Andrè,
la lotta contro il palazzo guidato dalla sinistra
ufficiale. Dopo il liceo Virzì viene eletto
come indipendente nelle liste del PCI, nel consiglio
della Circoscrizione 1, quella dei quartieri popolari
di Sorgenti e di Corea. Ricopre per alcuni anni la
carica di assessore alla cultura e dà una mano
per il cinema e per il teatro anche a Claudio Frontera,
assessore alla cultura del Comune di Livorno.
Paolo Virzì proviene da una famiglia di sinistra
che ha solide radici popolari, gli zii sono socialisti
e comunisti, lavorano al Cantiere, le sue letture
e le prime visioni cinematografiche sono nutrite di
cultura popolare. Quello che Virzì vuole dalla
sinistra di oggi è un ritorno all'unità
e un riavvicinarsi alle esigenze della gente. "La
sinistra deve tornare a essere quella delle vecchie
Feste dell'Unità dove andavano a braccetto
la porchetta e i dibattiti sulla fame nel mondo",
afferma. Virzì vede una borghesia di destra
inaffidabile, senza una forte impronta morale e democratica,
priva di senso dello Stato. A suo parere serve una
sinistra aperta alla società civile che faccia
propri gli interessi culturali e politici dei ceti
più bassi. Per Virzì la sinistra di
governo deve essere come la Biblioteca dei Portuali
della sua Livorno: un luogo dove si mescolano tematiche
sociali e culturali che provengono dall'alto e dal
basso. "La sinistra deve smettere di avere fastidio
per ciò che è popolare", conclude
Virzì. Un'impostazione condivisibile, più
di tanti snobismi elitari.
Per approfondire la figura del regista consigliamo:
Alessio Accardo, Gabriele Acerbo, My name is Virzì.
L'avventurosa storia di un regista di Livorno, prefazione
Gianni Canova, Le Mani, 2010.
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