FILMOGRAFIA
:. La bella vita (1994)
:. Ferie d'agosto (1996)
:. Intolerance (1996)
:. (episodio "Roma
Ovest 143")
:. Ovosodo (1997)
:. Baci e abbracci (1999)
:. My nime is Tanino (2001)
:. Caterina va in città (2003)
:. N (Io e Napoleone) (2006)
:. Tutta la vita davanti (2008)
:. L'uomo che aveva picchiato la testa
:. (2009) (doc.)
:. La prima cosa bella (2010)
:. Tutti i santi giorni (2012)
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Baci
e abbracci (Italia - Commedia - 1999).
Regia: Paolo Virzì. Produzione:
Rita e Vittorio Cecchi Gori. Soggetto e sceneggiatura:
Francesco Bruni e Paolo Virzì. Direttore
di produzione: Elisabetta Olmi. Aiuto regista:
Gianluca Greco. Suono in presa diretta: Tullio
Morganti. Scenografia: Lorenzo Baraldi. Costumi:
Francesca Sartori. Fotografia: Alessandro Pesci.
Montaggio: Jacopo Quadri. Operatori: Fabrizio
Vicari, Giovanni Gebbia e Salvatore Anversa. Musiche
originali: Gli Snaporaz. Produttore esecutivo:
Alessandro Calosci. Supervisione: Lierka Rusic.
Interpreti: Francesco Paolantoni (Mario), Massimo
Gambacciani (Renato), Piero Gremigni (Luciano), Paola
Tiziana Cruciani (Tatiana), Daniela Morozzi (Ivana),
Isabella Cecchi (Annalisa), Emanuele Barresi (Ennio),
Rosanna Mazzi (Stefania), Samuele Marzi (Matteo), Emiliano
Cappello (Gabriele), Maria Grazia Taddei (Bruna), Martino
Cecconi (Nelusco), Sara Mannucci (Margherita), Edo Gabbriellini
(Alessio) e il gruppo degli Snaporaz (Carlo Virzì
- Stefanino - Toto Barbato - Poncino - Valerio Fantozzi
- Chico - Gianluca Ferrara - Barsimpson - Matteo Pastorelli
- Gigiballa - Geppo Gemini - Vustok - sono gli Amaranto
Posse).
Dopo
il trionfo di Ovosodo Paolo Virzì raduna ancora
una volta un cast di dilettanti per girare una commedia
all'italiana vecchio stile che entusiasma pubblico
e critica. Il film a nostro avviso è riuscito
solo in parte ed è il peggiore tra quelli realizzati
da Virzì, soprattutto per la storia (di solito
punto di forza dell'autore livornese) che a tratti
zoppica e risulta frammentaria. Ma in definitiva resta
un buon film.
Al centro della vicenda emerge la figura di Mario,
un salernitano separato dalla moglie che vive a Cecina
dove è proprietario di un ristorante in via
di fallimento. Accanto a lui ci sono Renato, Luciano
e Tatiana, tre ex operai livornesi che per sfuggire
alla disoccupazione hanno deciso di aprire un allevamento
di struzzi nelle colline tra Cecina e Volterra. I
tre sono immersi in un mare di debiti e soltanto un
assessore regionale dell'Ulivo potrebbe garantire
una boccata d'ossigeno alla disastrata impresa elargendo
un generoso contributo. La storia prende corpo da
un equivoco. Il presunto assessore è Mario
e i tre imprenditori lo trattano con ogni riguardo,
addirittura gli mettono in braccio la procace Annalisa
(amante di Renato) purché firmi il contributo.
La trama pare uscita dal romanzo di Gogol "Il revisore"
o dal vecchio film "Anni ruggenti" di Luigi Zampa,
opere presenti a livello di ispirazione e in sede
di stesura del soggetto. In mezzo a questi problemi
e avvenimenti si inseriscono i giovani e incoscienti
"Amaranto Posse" che si installano nel podere per
provare la loro musica e fare un po' di pulizia. Il
finale resta aperto a mille soluzioni. Mario viene
scoperto, Renato dà in escandescenze, l'azienda
pare andare a rotoli, però dalle ceneri del
fallimento scaturisce una nuova idea, quella di aprire
un ristorante nel vecchio casale di campagna. Il pranzo
di Natale viene cucinato da Mario, chef d'eccezione,
e l'atmosfera si stempera in una dolcezza quasi romantica.
Dalle tragedie della vita ci si può risollevare,
sembrano dire Virzì e Bruni, che utilizzano
i vecchi schemi della commedia all'italiana per costruire
un film corale a metà strada tra favola e racconto
sociale.
Quando la vita è cattiva è bello sentirsi
tutti più buoni, recitava la pubblicità
del film, pure se la bontà è finalizzata
alla concessione di un contributo ed è causata
da un tragico sbaglio di persona. In ogni caso i buoni
sentimenti trionfano lo stesso, perché una
volta chiarito l'equivoco i protagonisti della storia
si trovano riuniti davanti a una tavola imbandita.
Virzì disegna un racconto corale vero, personaggi
credibili, con esigenze sentimenti, emozioni palpabili,
lavora sul dialetto e sulla recitazione spontanea
di ottimi attori non professionisti. L'eccezione alla
regola è Francesco Paolantoni che abbandona
le macchiette televisive e ci consegna un'interpretazione
da manuale di un fallito, un uomo che ha distrutto
la sua famiglia e che non ha più un lavoro,
disperato, sull'orlo del suicidio. Una figura malinconica
e candida quella di Mario, così come Renato
è un personaggio vulcanico e pieno di idee,
ben tratteggiato dall'avvocato (nella vita di tutti
i giorni) Massimo Gambacciani.
Il film conferma il talento di Virzì e la bravura
di Bruni nello scrivere e sceneggiare storie tratte
dalla vita quotidiana, nel condirle con quel gusto
dolce-amaro che le rende simili a favole fantastiche.
Molte le scene da ricordare di una pellicola che presenta
il solo difetto della frammentarietà. Si fa
un po' fatica a stare dietro a tutto il concatenarsi
di eventi e il disegno corale quasi da soap-opera
realizzato dagli autori fatica a prendere corpo.
La prima scena è tragicomica. Si sottolinea
la disperazione di Renato che telefona per chiedere
una proroga ai termini di pagamento di duecento milioni
di finanziamento e lo accompagna una musica da marcia
funebre. Uno struzzo divora il suo cellulare e questo
fatto è alla base dello scambio di persona
perché il vero assessore non riesce a mettersi
in contatto con loro. "Digeriscono tutto quelle bestie",
dirà poi Renato. La televisione locale (Tele
Granducato) si occupa dei neo imprenditori e quando
viene sera la famiglia riunita davanti al televisore
fa a gara nel rivedersi (scena già vista ne
La bella vita). Virzì sa descrivere la vita
di provincia dei ceti poveri e medi, per lui pregi
e difetti non sono un mistero, indugia volentieri
nel raccontare macchiette umoristiche e scene estrapolate
dalla vita di tutti i giorni.
La macchina da presa passa dal dramma dei tre nuovi
imprenditori in mezzo ai debiti a quello di Mario,
sempre più solo in un ristorante che nessuno
frequenta, a parte gli ufficiali giudiziari che cominciano
a portare via roba. La tragedia di Mario è
pure familiare, con una moglie che l'ha abbandonato,
un figlio indifferente ai regali di Natale, che per
giunta non sa fare, visto che compra la maglia di
Ronaldo per un ragazzo juventino. Mario beve e tenta
il suicidio dopo un mancato prestito in banca, il
regista descrive bene quest'uomo provato dalle troppe
delusioni e segnato da un tragico destino. I tentativi
di suicidio rappresentano nuovi fallimenti che spingono
a sorridere ancora su un uomo incapace persino di
morire. In mezzo a questi piccoli drammi quotidiani
si inseriscono gli Snaporaz capitanati da Carlo, fratello
di Paolo Virzì, e la loro incoscienza giovanile.
Nella finzione scenica sono gli "Amaranto Posse" e
insieme a loro c'è Alessio, il fratello di
Renato, interpretato dal bravo Edo Gabbriellini che
recita una parte secondaria rispetto a quel che aveva
fatto in Ovosodo. C'è pure la tresca destinata
a essere scoperta, tra Renato e la procace Annalisa,
spacciata per segretaria con il presunto onorevole
e per la donna di Luciano con la moglie. Poi ha inizio
la commedia degli equivoci quando Renato e Luciano
scambiano Mario per l'onorevole e lo portano al vecchio
casolare. Pensare che Mario era alla stazione solo
per suicidarsi. Accade di tutto e il povero Mario
viene scorrazzato per l'allevamento a vedere struzzi,
uova che si stanno per schiudere e incubatrici. Mario
non è indifferente alla bellezza di Annalisa
e i tre soci gliela gettano tra le braccia, ma il
sentimento che nasce tra i due è sincero. Di
nuovo Virzì insiste nel dire che dalle cose
negative può nascere qualcosa di buono. Resta
lo spazio per un minimo di critica politica e sociale
che non manca mai nei film di Virzì, qualche
stoccata alla nuova sinistra che non si sa bene cosa
sia diventata. "E se è dell'Ulivo ma non è
comunista? Tipo del PPP, PPC o roba così…",
fa Luciano parlando dell'assessore. E infatti poco
dopo si mettono tutti a pregare prima di mangiare,
equivocando su un gesto di Mario, ma nessuno sa recitare
il Padre Nostro. Apprezziamo richiami a Tangentopoli,
al fatto che tutti più o meno rubavano, c'era
poco da fare. Non è qualunquismo, si descrive
il sentimento dell'uomo della strada, le cose che
ragionando al bar o tra amici tutti dicevamo. Altri
drammi particolari si uniscono alla tragedia generale,
Annalisa si confida con Mario sulla storia di uno
zio che da piccina la toccava, racconta pure di Renato,
afferma che con lui non sarà mai felice. Mario
confessa che è separato e che soffre molto.
Tutto molto bello. Proseguono gli equivoci con le
battute sul ristorante di Mario che "era caro appestato",
il regalo di Natale inatteso e Mario che dice: "Questo
è il più bel Natale della mia vita",
per poi scoppiare in un pianto nervoso. Mario è
un bel personaggio, a tratti patetico, ben disegnato
dalla penna di Bruni e Virzì, ben interpretato
da Paolantoni. Sdrammatizzano gli Snaporaz con un
"Non si soffre più!" intonato in coro. Bella
pure la fotografia lunare e la nevicata improvvisa
che chiude la pellicola.
Ottimo il personaggio di Luciano reso da Piero Gremigni
con flemma da tontacchione di provincia. Brava anche
la solita Paola Tiziana Cruciani nella parte di Tatiana,
l'unica che sospetta, la prima a capire che Mario
non è un assessore ma un disgraziato come loro.
Pure i bambini hanno un ruolo. Uno è ipertecnologico
e distruttivo, un'altra ama leggere fiabe e romanzi
e addormenta il padre Luciano con una storia intitolata
Matilde. Da ricordare pure una parte onirica con Mario
che sogna il matrimonio finito male per un suo tradimento.
Nell'incubo il bambino indossa la maglia della Juventus.
Il finale da buona commedia all'italiana risolve tutti
i fili disseminati nel corso della storia e gli equivoci
si dipanano. Mario è maltrattato da Renato
che esplode in una collera irrefrenabile, ma in fondo
la bontà del gruppo e l'atmosfera natalizia
trionfano. Tutti si ritrovano davanti a una mensa
imbandita a festeggiare il Natale proprio mentre le
prime uova di struzzo si stanno schiudendo. Particolare
il finale che ricorda una chiusura di un vecchio film
di Francesco Nuti (Tutta colpa del Paradiso - 1985)
con una componente degli "Amaranto Posse" che mette
una mano davanti alla telecamera e interrompe la visione.
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Baci
e abbracci si doveva intitolare Struzzi e forse il titolo
sarebbe stato più calzante, perché ispirato
a una storia di provincia che si dipana in uno dei tanti
allevamenti di struzzi che sono sorti nella zona di
Guardistallo (dove si fa addirittura una sagra dello
struzzo). Ma nello stesso periodo di uscita saltò
fuori una commedia con lo stesso titolo e c'era il timore
di fare pubblicità o di avere problemi di copyright.
La storia si svolge in mezzo a una varia umanità
di umili e ingenui operai ed ex operai, vinti di verghiana
memoria, gente presa a schiaffi dalla vita che però
si risolleva ed è capace di lottare. Un film
buonista e di buoni sentimenti, certo, mai melenso e
stucchevole, al contrario vero e profondo, che sa dare
una luce di speranza allo spettatore. Il cinema di Virzì
è cinema d'autore che racconta bene le sue storie
e che ha per teatro sempre la provincia, vista come
luogo che mantiene caratteristiche profonde di diversità.
A parte Francesco Paolantoni, che per la prima volta
recita qualcosa di diverso da una macchietta comica,
e Paola Tiziana Cruciani (molto brava), sono tutti dilettanti.
Ma che dilettanti! Diretti con bravura da Virzì
i terribili attori per passione ci lasciano un'interpretazione
memorabile. Massimo Gambacciani, di professione avvocato,
Isabella Cecchi, barista, Daniela Morozzi, attrice per
l'hobby, Piero Gremigni è veterinario, Sara Mannucci
è una studentessa, poi ci sono i bambini e c'è
pure Edoardo Gabbriellini che dopo Ovosodo si può
dire quasi un veterano. Infine gli Snaporaz di Carlo
Virzì che compongono e suonano in presa diretta
la colonna sonora e recitano la parte di loro stessi.
Un film garbato, scanzonato, poetico, a tratti pure
malinconico, un'opera delicata che si muove tra la fiaba
e la farsa, dipingendo con efficacia luoghi e caratteri,
sentimenti e solitudini, verità e bugie. |