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LivornoLiving.it

di Francesca Nesti


Livorno, 08 Febbraio 2007.
Purtroppo anche il mese scorso potevamo iniziare questa rubrica raccontando la sensazionalità del fatto di cronaca avvenuto qualche settimana prima nella nostra città, in riferimento all’aggressione subita dalle forze dell’ordine. In riferimento a questo, avremmo potuto scrivere del disagio giovanile, della perdita e del degrado dei valori.
Scrivere di quando l’intolleranza sitrasforma in violenza, a prescindere da chi la pratica, perché sempre deprecabile. Ma riportare la notizia, non sarebbe stata cronaca, visto che si era già scritto e letto. E andare poi “oltre la cronaca”, per commentare un fatto che si commentava da solo, non faceva parte delle intenzioni di questa rubrica, tantomeno della nostra testata.
Sarebbe il caso di capire innanzi tutto i perché, senza ricercarli sempre tra attenuanti o aggravanti.
Ma definire gli aspetti intorno ai quali la violenza si muove, necessita sempre e comunque di quel tempo per conoscere prima di tutto i contorni esatti, riflettere e, solo dopo, trarre le conclusioni. Avremmo potuto, ma allora non abbiamo voluto! Volevamo che questi spazi liberi, raccontassero il cittadino, le piccole storie quotidiane, entro le quali ognuno definisce il sentiero della propria esistenza, da percorrere da solo o in compagnia di qualcuno, oppure mentre lo stesso si interseca con sentieri e percorsi battuti da altri. Ma quando da delle scritte sui muri, che speriamo appartengano solo a pochi cretini, si evince tanto disprezzo per la vita, non si può non prendere posizione e definire i confini tra il bene e il male. Fosse solo per insegnare ai nostri figli che esiste ancora la possibilità di scegliere tra cosa è giusto e cosa assolutamente non lo è; che ci sono ancora dei valori assoluti in cui credere e tanti, troppi esecrabili esempi non solo da non emulare, ma da condannare e denunciare. Altrimenti ci chiediamo cosa sarebbero stati questi ‘signori’ se la storia o il destino li avesse messi al servizio dei vari Hitler o Stalin. Triste prendere atto che, mentre un gruppo di giovani concittadini livornesi in visita ai campi dell’orrore di Auschwits, viene intervistato, altri non trovano di meglio che ricordare la Shoah con una scritta che, almeno moralmente, non li rende meno responsabili dei veri assassini di Filippo Raciti.
Resta la consapevolezza che il calcio e non solo ai massimi livelli, non è più sport ma interesse e potere mediatico di uno spettacolo a volte bello, altre brutto, che troppo spesso impazza e si trasforma in qualcos’altro. Nell’ultimo mese per questo calcio, sono morte due persone: un semplice dirigente di una categoria inferiore che fa poca notizia, da dimenticare con... 1 minuto di silenzio. E poi un poliziotto, che fa tanta più notizia, che a sua volta verrà invece presto dimenticato con qualche sanzione disciplinare, qualche repressione e dalla rincorsa al vero interesse che è già quello di mettere gli stadi a “norma” per riempirli di nuovo anziché pensare a cosa poter fare per rieducare allo sport e svuotarli di violenza.
Noi di Livorno Living chiudiamo il nostro stadio per lutto, perché non accettiamo più la brutalità che trasforma lo stesso in colossei o in corride, anche per non dover scegliere di stare dalla parte dei leoni o del toro. Noi crediamo al diritto alla vita, al rispetto degli altri, alla tolleranza, alla libertà di pensiero e ci resta impossibile continuare a scrivere serenamente e a parlare di calcio, dopo Catania. Le Polis dell’Antica Grecia, pur di far vivere le loro Olimpiadi all’insegna dello sport, sospendevano le guerre. Ed oggi?
Noi pensiamo che certi fatti non appartengano alla sinistra per una bandiera rossa, né ad una destra per un saluto romano, perché a nessun livello, oggi, sinistra e destra possono pensare di sentirsi rappresentate alla base, da gente che dispensa morte o inneggia ad essa con certe scritte; fa piovere motorini dal cielo, fischia giocatori solo perché di colore; si organizza per mettere a ferro e fuoco interi quartieri cittadini. Come sottolineato anche dal sindaco Cosimi in una sua recente intervista questi non rappresentano gli sportivi, tantomeno le loro città e spesso, aggiungiamo noi, neanche la maggioranza delle curve dei tifosi che spesso sceglie quei posti dove sedere solo per i prezzi più popolari.
La nostra scelta di dare ancor più spazio agli sport minori e giovanili è anche per non trovarci costretti, nel parlare di calcio, a dare risalto e celebrità a chi dispensa terrore dentro e fuori gli stadi. Questo faremo almeno fino a quando tutti gli stadi in Italia saranno davvero più sicuri per tutti, senza che in nome di niente e per conto di nessuno, venga messa a rischio la vita di donne, bambini e uomini liberi comprese le forze dell’ordine.Ora è il tempo che chi muove gli interessi del pallone, investa anche in sicurezza e chi invece deve decidere perché ha il diritto e il potere per farlo, non prenda o non perda altro tempo. Per noi invece, che pensiamo a Catania non sia morto un poliziotto, ma un lavoratore che guadagnava circa 1400 euro al mese, è il momento del rispetto e soprattutto della riflessione da portare nella scuola, nei circoli, nei partiti, nelle chiese e soprattutto in casa, coi nostri figli, perché anche chi tira le bombe è pur figlio di qualcuno.
(Fonte "Livorno Magazine" N. 1- Marzo 2007)