Livorno,
08 Febbraio 2007.
Purtroppo anche il mese scorso potevamo iniziare questa rubrica
raccontando la sensazionalità del fatto di cronaca
avvenuto qualche settimana prima nella nostra città,
in riferimento allaggressione subita dalle forze dellordine.
In riferimento a questo, avremmo potuto scrivere del disagio
giovanile, della perdita e del degrado dei valori.
Scrivere di quando lintolleranza sitrasforma in violenza,
a prescindere da chi la pratica, perché sempre deprecabile.
Ma riportare la notizia, non sarebbe stata cronaca, visto
che si era già scritto e letto. E andare poi oltre
la cronaca, per commentare un fatto che si commentava
da solo, non faceva parte delle intenzioni di questa rubrica,
tantomeno della nostra testata.
Sarebbe il caso di capire innanzi tutto i perché, senza
ricercarli sempre tra attenuanti o aggravanti.
Ma definire gli aspetti intorno ai quali la violenza si muove,
necessita sempre e comunque di quel tempo per conoscere prima
di tutto i contorni esatti, riflettere e, solo dopo, trarre
le conclusioni. Avremmo potuto, ma allora non abbiamo voluto!
Volevamo che questi spazi liberi, raccontassero il cittadino,
le piccole storie quotidiane, entro le quali ognuno definisce
il sentiero della propria esistenza, da percorrere da solo
o in compagnia di qualcuno, oppure mentre lo stesso si interseca
con sentieri e percorsi battuti da altri. Ma quando da delle
scritte sui muri, che speriamo appartengano solo a pochi cretini,
si evince tanto disprezzo per la vita, non si può non
prendere posizione e definire i confini tra il bene e il male.
Fosse solo per insegnare ai nostri figli che esiste ancora
la possibilità di scegliere tra cosa è giusto
e cosa assolutamente non lo è; che ci sono ancora dei
valori assoluti in cui credere e tanti, troppi esecrabili
esempi non solo da non emulare, ma da condannare e denunciare.
Altrimenti ci chiediamo cosa sarebbero stati questi signori
se la storia o il destino li avesse messi al servizio dei
vari Hitler o Stalin. Triste prendere atto che, mentre un
gruppo di giovani concittadini livornesi in visita ai campi
dellorrore di Auschwits, viene intervistato, altri non
trovano di meglio che ricordare la Shoah con una scritta che,
almeno moralmente, non li rende meno responsabili dei veri
assassini di Filippo Raciti.
Resta la consapevolezza che il calcio e non solo ai massimi
livelli, non è più sport ma interesse e potere
mediatico di uno spettacolo a volte bello, altre brutto, che
troppo spesso impazza e si trasforma in qualcosaltro.
Nellultimo mese per questo calcio, sono morte due persone:
un semplice dirigente di una categoria inferiore che fa poca
notizia, da dimenticare con... 1 minuto di silenzio. E poi
un poliziotto, che fa tanta più notizia, che a sua
volta verrà invece presto dimenticato con qualche sanzione
disciplinare, qualche repressione e dalla rincorsa al vero
interesse che è già quello di mettere gli stadi
a norma per riempirli di nuovo anziché
pensare a cosa poter fare per rieducare allo sport e svuotarli
di violenza.
Noi di Livorno Living chiudiamo il nostro stadio per lutto,
perché non accettiamo più la brutalità
che trasforma lo stesso in colossei o in corride, anche per
non dover scegliere di stare dalla parte dei leoni o del toro.
Noi crediamo al diritto alla vita, al rispetto degli altri,
alla tolleranza, alla libertà di pensiero e ci resta
impossibile continuare a scrivere serenamente e a parlare
di calcio, dopo Catania. Le Polis dellAntica Grecia,
pur di far vivere le loro Olimpiadi allinsegna dello
sport, sospendevano le guerre. Ed oggi?
Noi pensiamo che certi fatti non appartengano alla sinistra
per una bandiera rossa, né ad una destra per un saluto
romano, perché a nessun livello, oggi, sinistra e destra
possono pensare di sentirsi rappresentate alla base, da gente
che dispensa morte o inneggia ad essa con certe scritte; fa
piovere motorini dal cielo, fischia giocatori solo perché
di colore; si organizza per mettere a ferro e fuoco interi
quartieri cittadini. Come sottolineato anche dal sindaco Cosimi
in una sua recente intervista questi non rappresentano gli
sportivi, tantomeno le loro città e spesso, aggiungiamo
noi, neanche la maggioranza delle curve dei tifosi che spesso
sceglie quei posti dove sedere solo per i prezzi più
popolari.
La nostra scelta di dare ancor più spazio agli sport
minori e giovanili è anche per non trovarci costretti,
nel parlare di calcio, a dare risalto e celebrità a
chi dispensa terrore dentro e fuori gli stadi. Questo faremo
almeno fino a quando tutti gli stadi in Italia saranno davvero
più sicuri per tutti, senza che in nome di niente e
per conto di nessuno, venga messa a rischio la vita di donne,
bambini e uomini liberi comprese le forze dellordine.Ora
è il tempo che chi muove gli interessi del pallone,
investa anche in sicurezza e chi invece deve decidere perché
ha il diritto e il potere per farlo, non prenda o non perda
altro tempo. Per noi invece, che pensiamo a Catania non sia
morto un poliziotto, ma un lavoratore che guadagnava circa
1400 euro al mese, è il momento del rispetto e soprattutto
della riflessione da portare nella scuola, nei circoli, nei
partiti, nelle chiese e soprattutto in casa, coi nostri figli,
perché anche chi tira le bombe è pur figlio
di qualcuno. (Fonte
"Livorno Magazine" N. 1- Marzo 2007)
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